lunedì 22 marzo 2010


Oggi ho letto un bel editoriale (come al solito) di Giovanni Sartori sul Corriere della Sera ( “Sconnessi e Somari”, 22/3 ) che, divincolandosi dallo starnazzare quotidiano e raccapricciante sulle elezioni, affronta il problema della progressiva “analfabetizzazione “ del popolo italiano. Lo fa partendo dall’allarmante dato che il 70% degli italiani è un analfabeta di ritorno, incapace di comprendere un testo che abbia una complessità maggiore di quello offerto dalle pagine gialle. Il problema, oltre alla gravità in se per se, dà un’utile chiave d’interpretazione al dilagare del populismo di destra (ma non solo) ed al suo successo alle urne e nelle movimentate piazze di mezz’Europa.

Il problema però non pare affliggere solo il nostro sempre più decrepito stivale, se è vero che in un articolo di un settimanale tedesco (di cui non ricordo il nome, cacchio!) si scopre che la Germania lamenta la stessa carenza di giovani lettori, e persino un alto livello di veri e propri analfabeti,neppure in grado di leggere le etichette dell’acqua. Sartori va però oltre, non limitandosi all’analisi impietosa del fenomeno, ma trovando “IL” colpevole per eccellenza( il quale si affianca ad altri correi, come l’istruzione scolastica inadeguata e il novismo pedagogico): parliamo dello sviluppo della tecnologia dell’informazione. È lei che ha reso tutti noi incapaci di seguire un filo logico di un pensiero per più di 2 frasi, alla frettolosa ricerca di informazioni sempre nuove e sempre più “easily used”; abbiamo sacrificato il peso del ragionamento e della profondità sull’altare del multitasking.

Anche questa di tesi non ha il sapore dell’originale, se è vero, come faceva notare Vaughan Bell in un articolo apparso su State (e riportato su Internazionale n. 837) che la nostra capacità riflessiva e di concentrazione era stata ritenuta minacciata sin dall’apparsa della stampa nel 1455 (ne fa riferimento lo stesso Sartori nel suo articolo); poi successivamente il problema si è riproposto con la comparsa della radio, della tv, dei cellulari coi loro sms… insomma, ad ogni apparizione di qualsiasi cosa venisse a velocizzare a dismisura la nostra capacità di trasmissione di pensieri, parole e conoscenze, scattava l’allarme.

Le questioni che a mio avviso si materializzano a questo punto sono 2:

1-è vero ciò che sostiene Sartori?

2- ammettendo anche che quel che afferma Sartori corrisponda a verità, come si concilierebbe il tanto acclamato aumento di potere dei cittadini/utenti, dovuto all’utilizzo di strumenti di condivisione libera e istantanea come il web, con l’istupidimento” del popolo sovrano paventato dal politologo proprio in ragione dell’uso di questi stessi mezzi?

Vi dichiaro da subito che alla prima domanda non so dare una risposta valida. Il succitato articolo di Bell voleva essere una confutazione della teoria sostenuta anche dall’editorialista del Corriere. Come controprova portava i risultati di diverse ricerche (non specifica quali) dove si sosteneva che internet non aveva un’influenza negativa sul nostro cervello - a differenza della tv- e chiosava notando che , come sempre nella storia, i progressi tecnologici sono stati accolti, specie dalla popolazione anziana e quindi conservatrice, come uno strumento di corruzione delle giovani menti. Non so se ciò corrisponda a verità, e penso chela ricerca neurologica, sociologica e psicologica, non possa che essere ai primordi. Quello che posso dire,per esperienza personale, è che il mio grado di pazienza di fronte ad un testo scritto si è ridotto tantissimo, fino a quasi scomparire nel caso dei quotidiani, dei quali mi riduco oramai a leggere solo i titoli della pagina on-line; i motori di ricerca, le wikienciclopedie, la moltitudine di pareri “precotti”, hanno anche limato parte della mia passione per la ricerca di significato in un testo ;i correttori ortografici ci hanno liberati dal peso dell’istruzione grammaticale e gli strumenti per le lingue dalla fatica della traduzione, inoltre, guardando non solo al mio caso, ho notato che la conoscenza è divenuta sempre più nozionistica e meno di spessore.

Rispondere alla seconda domanda, essendo questa orfana di una risposta alla prima, apparirebbe impresa un po’ ardua se non paradossale. Anche in questo caso galleggio nel dubbio. Mi limiterò ad osservare, come spesso in altre sedi ho fatto, che il web, con il suo potere di renderci tutti dei suoi creatori (empowerment qualcuno lo definirebbe), ha moltiplicato le voci nel coro dell’informazione fino ad un livello incontrollabile, senza che un necessario meccanismo di controllo affidabile si sviluppasse per poter fare da filtro alla “messe di mess” che inondano la rete( un interessante dibattito sul tema, a proposito di wikipedia, lo potrete trovare leggendo l’articolo di Richard Waters, su Internazionale 835).

Quindi, come costruirsi un’opinione valida del mondo che ci circonda se chi “sa”, possiede lo stesso grado di rispettabilità di chi “crede di sapere”?

Insomma, questi sono i dilemmi, i quali a loro volta aprono ulteriori finestre su innumerevoli questioni correlate.

MI PIACEREBBE SE, STIMOLATI DA QUESTO DISCORSO CHE RIGUARDA PROPRIO VOI UTENTI DI INTERNET, ESPRIMESTE QUI LA VOSTRA OPINIONE, DANDO MAGARI UNA RISPOSTA ALLE DUE QUESTIONI FONDAMENTALI.

Gianluca Frattini

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