giovedì 30 maggio 2013

BANALITà LIQUIDE



Secondo l’anziana pop star della sociologia, Zygmunt Bauman, la razionalità, non solo non è un valido argine contro il Male, ma ne è forse la prima causa, in quanto un individuo che desidera raggiungere con efficienza un obbiettivo se ne fregherà dell’empatia. Inoltre, la razionalità, in quanto madre della tecnologia, amplifica all'infinito le nostre potenzialità di compiere del male fino a sfiorare il “globicidio”, e allo stesso tempo ci frustra nella nostra “indole creativa” e banalizza ogni nostra azione (la “banalità del male” della Arendt in chiave moderna),  rendendo la violenza quasi inevitabile.

Ora, qualcuno di buona volontà dovrebbe dire all'intellettuale liquido che “la TeNnica” ha mostrato la sua potenzialità distruttiva sin dal paleolitico, con la prima selce lavorata per fare da punta a una lancia.
Però, la stessa tecnica, non solo ci ha condotti ad essere 7 miliardi di abitanti con un grado generalizzato di benessere inimmaginabile sino a 70’anni fa, ma è la vera ed unica ragione della diffusione dei principi liberali e della democrazia in (quasi) tutto il globo; globo che lui vorrebbe essere destinato all'estinzione a causa del predominio dell’ alienante (in senso marxiano) tecnica, a scapito della creatività e dell’empatia.

Forse Bauman dovrebbe chiedersi se esistano studi precedenti alla rivoluzione industriale nei quali si valuti il livello di benessere delle varie società umane, che possano così attestare un passato interesse per la questione. Ne troverà molti pochi, e questa è già una buona risposta ai suoi interrogativi.
Forse noi, invece, dovremmo chiederci se valga ancora il nostro tempo leggere un dotto ma anziano signore che lamenta le sue preoccupazioni da dotto ma anziano signore, come fossimo tutti in una gigantesca fila della posta globale, e che forse ci ha già detto tutto quello che ci doveva comunicare.

Gianluca Frattini

sabato 25 maggio 2013

QUANDO L'ABORTO COLPISCE CHI NASCE: aborto tout court Vs. aborto selettivo




In una discussione su facebook relativa a questo articolo, nel quale si faceva presente che per colpa della crescente diffusione dell'obiezione di coscienza tra i medici italiani, il diritto sancito per legge delle donne di abortire sta di fatto venendo sempre più limitato, anche nei casi di necessità terapeutica, è uscito il tema degli "aborti selettivi" che avvengono nei paesi in via di sviluppo (in particolare Cina ed India), dove spesso, a "non essere selezionate" sono le donne,  sovente, in presenza di politiche governative di controllo delle nascite.
A tal proposito mi è stato presentato quest'altro articolo, che attraverso un ragionamento pienamente logico, sembra in qualche modo avvallare la pratica dell'aborto selettivo, e lo fa per ogni circostanza:
 "dal punto di vista razionale non sembra esistere alcuna ragione per considerare la riduzione embrionaria diversamente da una interruzione volontaria di gravidanza, e se si è favore della possibilità della donna di scegliere di abortire, allora si dovrebbe essere anche a favore dell’aborto selettivo.".


Il fatto è che, "con l'aborto selettivo" nei contesti sopra esposti, non si sta parlando di semplice scelta individuale, ma di una pratica basata su di un pregiudizio arcaico che sembra essersi conservato in età moderna, rafforzato da una avversa situazione socio-economica e da programmi governativi di controllo demografico.
Sottolineando innanzitutto che tutte le politiche finalizzate al controllo demografico, sono distorsive, aberranti e molto spesso anche inefficaci, c'è da dire che l'aborto selettivo basato su tali presupposti, non è un danno perpetrato al "non nato (o nata)", di cui tratta l'articolo che hai linkato, ma è un problema per le conseguenze sociali su chi nasce. prima di tutto verso l'oggetto della discriminazione, ossia le donne, che vedono rafforzate le pratiche discriminatorie e la considerazione di "fardello sociale", se non altro per un fatto numerico "divengono minoranza". Poi è un problema indiretto anche per gli uomini: aumentando il disequilibrio tra nati maschi e nati femmine (in cina nascono 110 uomini ogni 100 donne) puoi immaginare anche te quali possano essere le conseguenze sull'armonia di una comunità.

Quindi, il problema della "donna fardello" dovrebbe essere affrontato, non certo impedendo gli aborti selettivi (come?) cercando innanzitutto di agire sui fattori economici e istituzionali che perpetrano questo fenomeno discriminatorio: a cominciare dall'istruzione (come è avvenuto in Kerala) e poi, magari, adottando qualche forma, la meno distorsiva possibile, di affermative action.

Aggiungo, che l'approccio bioetico dell'articolo, non mi trova molto concorde: parte dall'idea del "determinismo tecnologico" e di una sorta di "neutralità morale" per la razionalità. Sostiene che "siccome la tecnologia ci permette potenzialmente di far tutto, allora è giusto che si faccia tutto, tanto in un modo o nell'altro le cose avvengono". inoltre se una cosa è razionale è inutile farsi tante pippe mentali.Attenzione, siamo creature razionali, ma anche morali, inoltre se la tecnica ci permette di fare ogni cosa, è anche vero che ci permette di controllare pian piano anche gli stessi fenomeni a cui diamo vita (sebbene il controllo segua solo).

Gianluca Frattini

lunedì 20 maggio 2013

TWEET TRIBU'



Nell'epoca del "post-ideologico" i socialnetwork e i blog amplificano e accelerano la tendenza della società a "tribalizzarsi".


La dinamica è simile, e indipendente dal tipo di tribù: una piattaforma di discussione propone un argomento dalla forte carica ideologica (non importa quale), che attrae gente di vario tipo (il Verbo/la Missione). 
Pian piano un'opera di forte selezione allontana gli individui più dissimili e meno "fedeli" o votati alla "missione";
si identifica un leader carismatico (il Capo Tribù) sul quale viene investito un crescente capitale di fiducia, tanto che alla fine si tende a considerare qualsiasi sua affermazione un argomento ex cathedra (la Dottrina);
si iniziano a identificare dei veri e propri nemici esterni, che attentano all'integrità del gruppo, nemici persino da abbattere;
 a questo punto  comincia a svilupparsi e poi diffondersi un linguaggio comune, un codice, quasi rituale,  -
generalmente adottando dei neologismi coniati dal Leader- fatto di slogan, sberleffi, etichette, formule condivise da ripetere nei momenti opportuni, quando si vuole "attaccare" o si è "sotto attacco" (il Mantra). 

Arriva il momento vero e proprio in cui la comunità si tramuta in tribù: l'argomento attorno al quale il gruppo originariamente si era formato perde di importanza, diventa marginale (se non nelle formule di rito ripetute come mantra), e il tutto diviene una QUESTIONE IDENTITARIA e di RELAZIONI FAMIGLIARI:
attaccare un argomento della tribù, non vuol dire solo insinuare un dubbio sull'idea in sè, ma rappresenta un colpo sferrato contro 'identità della collettività e i "parenti".
Le offese vanno vendicate.

Tutto ciò potrebbe non essere un problema, visto che meccanismi del genere avvengono nella vita reale quotidianamente, se non fosse che questi gruppi nel contesto reale trovano dei meccanismi che ne attenuano la forza - per esempio le tribù con l'aumentare della dimensione tendono ad indebolirsi- mentre  nella realtà no, tali meccanismi sono deboli o assenti
.
Il vero problema è che il tempo passato sui social cresce esponenzialmente, e l'impatto che questi gruppi "virtuali" hanno cresce di pari passo, travasando nella realtà off-line.

Gianluca Frattini

diciamo no all'invasivo candito nelle nostre vite

diciamo no all'invasivo candito nelle nostre vite
diciamo no a questo