lunedì 24 giugno 2013

Pabl-OGM è morto! Pabl-OGM è vivo!



Non sono un biotecnologo, né un biologo, né tanto meno un professionista di qualsivoglia settore scientifico. Ultimamente, però, mi sono trovato a leggere un po’ di materiale divulgativo in merito all'alimentazione, l’agricoltura e in particolare alle coltivazioni GM (geneticamente modificate). Due degli ultimi libri letti sono stati “Gli OGM sono davvero pericolosi?” e “Le bugie nel carrello”, entrambi a favore dell’uso di queste tecnologie. Ho però anche letto un recente articolo di Mazzetta, uscito sia sul suo blog che su Giornalettismo, che va in senso diametralmente opposto a quanto precedentemente da me letto, e addirittura dichiara perentoriamente” il fallimento dell’agricoltura gm”. Tale certezza è basata su di un lavoro condotto dal professor Jack Heinemann, dell'Università di Canterbury, in Nuova Zelanda, e che mette a confronto cinquant'anni di attività agricola in USA e in UE.
 Da quell'articolo sono nate focose (e un po’ sgradevoli) discussioni sui socialnetwork e, a margine, anche un breve dibattito (ma molto pacato) tra il sottoscritto e il Mazzetta.
Avendo già premesso di non essere un addetto ai lavori, voglio solo soffermarmi su alcuni punti meno tecnici che il blogger ha sollevato e che mi trovano assolutamente in disaccordo.
Innanzitutto l’argomento: “Non siamo in un libero mercato, pertanto il fatto che il numero degli agricoltori che ricorrono alle sementi GM sia in costante aumento non ha alcun valore, perché le potenti lobby pro-ogm fanno pressione affinché media e opinion makers ci bombardino costantemente con campagne a favore degli stessi”.
Sicuramente non stiamo parlando dell’Italia, dove l’industria del “biologico”, o persino quella del “KM 0” hanno potenti alleati. Ma riferendoci anche a realtà altre dal nostro paese, questo discorso mi ricorda tanto quelli per cui “Berlusconi vince per che ha le TV”, e la loro estrema semplificazione e banalizzazione. Qui poi il discorso si fa ancora più stiracchiato: mentre un elettore, teoricamente (e praticamente), lo puoi fottere anche all'infinito, vista la sua memoria effimera e il “paradosso dell’ignoranza”, con un agricoltore è ben più arduo. Se non al primo, al secondo raccolto andato sotto le aspettative non lo freghi più, e di tutte le tue strategie di marketing ci puoi fare un bel falò.
Poi diciamocelo, una politica agricola nazionale che prevede il divieto totale di produzione di OGM, ma al contempo ne permette l’importazione e la vendita, oltre che irrazionale è, simmetricamente e e a maggior ragione,  lontana dal concetto di “mercato libero”.
In secondo luogo c’è il discorso: “Molti scienziati e politici ci hanno abbindolati con la falsa promessa che gli OGM risolveranno la povertà globale, attraverso i migliori rendimenti delle colture gm”.
Allora, intanto, se l’impiego di ogm riuscisse a diminuire i costi per ettaro coltivato, a parità di produzione, questo si trasformerebbe in maggiori redditi spendibili dagli stessi agricoltori. E ricordiamo che la povertà, ancora oggi, colpisce in buona parte le popolazioni che vivono in aree rurali.
Ma, con la polemica affermazione sintetizzata sopra cosa vorremmo dimostrare? Che esiste una parte della comunità scientifica che esagera e sovrastima le proprie e le altrui scoperte? Certamente. Ma ciò non avviene solo nel settore delle biotecnologie. La storia della scienza e della tecnica è piena di dichiarazioni roboanti di ritrovati, alcuni anche solo in fase sperimentale, che vengono spacciati  (magari anche in buona fede), come soluzione di alcuni grandi mali: dal settore energetico, con i pannelli solari e l’idrogeno o il nucleare, sino ad alcune applicazioni mediche.
Vogliamo dire che alcuni tra questi scienziati hanno “sexed up” volontariamente alcuni prodotti gm per interessi economici personali, alle volte persino celati? Può darsi. Certo, servirebbe qualcosa di maggiormente probante delle illazioni o del “lo sanno tutti”, ma è una cosa che, purtroppo,  avviene spesso, ed è certamente da censurare. Però questo è un problema di etica professionale di alcuni ricercatori, e una questione di controlli e auto-controlli che vanno rafforzati e migliorati, non certo un problema relativo all'inserimento di un gene esogeno in un vegetale. Crocifiggiamo chi mente per interesse e controlliamo ogni affermazione, caso per caso, non stigmatizziamo un settore ed una pratica tecnica.
Poi, superate le opinioni, si passa ai cosiddetti fatti, al paper in questione.  Qui c’è il diffuso malcostume, -che da lettore di argomenti economici riscontro in quel settore con ancora maggior frequenza- di considerare ogni paper una specie di pistola fumante che possa provare la colpevolezza in ogni processo, anche quelli scientifici; una specie di vangelo, con una verità rivelata e incontrovertibile, da brandire come un’arma definitiva contro i propri oppositori. Ma non è certo un paper, magari nemmeno troppo ben fatto, a poter dimostrare una volta per tutte una verità in un ambito, quello scientifico, dove ogni affermazione necessita di decine di prove e controprove, fintanto che una nuova ricerca non metta nuovamente in dubbio quanto fino a poco prima si considerava dimostrato. A quel punto occorrono ulteriori nuove analisi, e così via.
Ma fermiamoci a questo lavoro.
Io, di mio, ho trovato in questo contro-articolo di Federico Baglioni su Prometeus una risposta più convincente, laddove si fanno presente i limiti analitici del lavoro neozelandese (specie nei PS).  Forse non è una risposta sufficiente a  smontare la ricerca, ma sono già buoni punti per insinuare qualche dubbio sulla sua validatà.
Ripetendo per l’ennesima volta che non sono un esperto della materia, lascio a voi la possibilità di giudicare e farvi un’idea, ed invito tutti i tecnici del campo che lo desiderano a postarmi e farmi avere qualsiasi informazione ben documentata che possa confutare, o piuttosto corroborare, quanto il paper va sostenendo.
 L’unica fame di cui non si può e non si deve essere mai sazi è quella per la verità.
Gianluca Frattini



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