venerdì 29 maggio 2015

DISUGLIANZA DI REDDITO FOR DUMMIES (come me)





Gianluca Frattini.
 A differenza del mondo nel suo coplesso, dove il fenomeno sembra in costante calo , la disuguaglianza di reddito nei paesi cosiddetti "occidentali" sembra essere in costante crescita da almeno tre decenni a questa parte. In sostanza, sembra che l'aumento del reddito nazionale (PIL)"sgoccioli" sempre meno nelle tasche della fetta maggioritaria dei cittadini, costituita in gran parte da lavoratori dipendenti, ma non solo.I redditi reali delle fasce meno abbienti della popolazioni hanno continuato a stagnare, e anche quelli della classe media non se la sono vista un granche'.
Il PROBLEMA e' stato affrontato, e continua ad essere affrontato, in due modi:

-l'intervento diretto dello stato per la redistribuzione del reddito:
- una maggiore facilita' nell'accesso al credito.

Entrambi gli approcci hanno pesanti controindicazioni.

Nel primo caso si sottraggiono risorse che potrebbero essere destinate a fini piu' produttivi: rimanendo nelle tasche degli imprenditori per essere investite in capitale fisso o umano; oppure per essere utilizzate direttamente dallo stato per investimenti in ricerca ed infrastrutture. Se dovete sostenere disoccupati e precari, avrete meno risorse per pagare i ricercatori biotecnologi o per spedire satelliti in orbita. Le tasse poi sono per loro natura distorsive, e il loro livello, in parecchi paesi dell'OCSE, indipendentemente dalla base sulla quale si misuri la pressione fiscale, e'elevatissimo. Stesso discorso per i debiti pubblici.

Nel secondo approccio - quello a cui si e' ricorso maggiormente dagli anni '90 in poi, soprattutto in USA, ma anche in Europa- la facilita' con cui si puo' (poteva) ottenere un prestito, da parte di famiglie e imprese, indipendentemente dal merito di credito delle stesse, ha condotto ad un gigantesco accumulo di debito privato. Se osservate un grafico che riporta i debiti pubblici dei paesi industrializzati, di cui tanto si parla, e li affianca a quelli privati, vi accorgerete dell'enorme differenza tra i due: vi sono paesi come l'Olanda, la Danimarca, e persino la Cina, in cui il debito privato arriva ad essere quasi 3 volte il PIL: ma anche in paesi come la Spagna o la Grecia il debito privato supera quello pubblico. Succede, pero', che se per una ragione qualsiasi il reddito di un'individuo, una famiglia, uno studente, un'impresa, viene a mancare, non ci sono piu' i soldi per ripagare il debito e si fa default. Cio' mette in moto un meccanismo gigantesco, stile domino, che conduce alle famose crisi finanziarie, di cui l'ultima per ordine temporale (ma non per dimensione) e' quella del 2007/2008, dalla quale non siamo ancora pienameante usciti. (Sui meccanismi che mettono in moto queste crisi esistono son varie interpretazioni, a seconda se amate maggiormente Mises o Minsky).



"Ma la disuguaglianza e' davvero un problema?" qualcuno si chiede. In fondo, se i piu' meritevoli e capaci contribuiscono maggiormente al benessere della societa' e' giusto che vengano premiati in proporzione.
Non e' cosi' semplice.

Innanzitutto vi sono parecchie a dismostrazione che, dove una societa' e' fortemente disuguale nella distribuzione dei redditi, e' anche molto disuguale nelle opportunita'di successo che offre ai suoi cittadini - o, meglio: esiste una correlazione tra alta disuguaglianza di reddito e bassa mobilita' sociale (come si spiega qui, per citare un lavoro recente ). Per intenderci: il figlio di una colf che lavora in nero e di un padre cassa integrato difficilmente diverra' il socio di una start up. Un circolo vizioso, che dovrebbe spaventare anche i sostenitori piu' energici della "meritocrazia", perche'questa immobilita' dell'ascensore sociale sarebbe piu' comprensibile in una societa' aristocratica, non meritocratica.

In secondo luogo, le necessita' e i bisogni degli individui non sono stabili nel tempo e nello spazio, ma crescono di pari passo con lo sviluppo di una societa'.Se ai tempi di Adam Smith non avere un paio di scarpe eleganti con cui presentarsi in societa' era sinonimo di poverta', mentre, qualche decennio fa, lo era il non possedere un'automobile, oggi possiamo tranquillamente ritenere che non avere accesso ad una connessione internet veloce puo' qualificare un individuo come povero. E cio' vale ancor di piu' in un momento storico che sembra vedere il progresso tecnico correre con una velocita' esponenziale. Parafrasando una domanda che si poneva Mankiw: se domani venisse scoperta una tecnologia che permetesse di prolungare la vita di alcuni anni, ma questa avesse un costo spropositato per la maggior parte degli individui, ma affrontabile dall'1% della popolazione, tale da rendere economicamente sensato produrla e venderla, come ci dovremmo comportare con essa?
Anche la liberta', poi, e' una questione di reddito. Pensate alla liberta' di circolare nel mondo: non si affrontano solo problemi connessi alle diverse legislazioni in tema di immigrazione, ma occorre avere un capitale per partire. Per questo non vedrete mai "l'ultimo miliardo", i piu' poveri, fare la fila davanti alle frontiere del vostro paese.

Il potere economico e' poi potere politico, come spiega bene qui Rodik   . Chi ha denaro, ha anche risorse per fare piu' o meno lecite pressioni affinche' il proprio status non venga messo in discussione, tramutando cosi' meritevoli guadagni in una rendita. Su questo sono in parte d'accordo anche molti economisti di destra, come John Cochrane, sebbene siano piu' solerti nel recriminare le pressioni politiche da parte dei sindacati che non quelle di compagnie industriali o finanziarie.

Infine, il problema a mio avviso piu' grave creato dalla disuguaglianza: l'EMARGINAZIONE, sociale, urbana, e persino culturale. Sapiamo bene che, dove esiste emarginazione, il terreno e' fertile per l'insorgere di violenza, criminalita', ideologie anti-sistema. Se certo non bisogna cadere nella trappola deterministica che potrebbe portare a pensare che ovunque ci sia emarginazione ci sia anche violenza (non scoppiano rivolte e non ci sono attentati terroristici in ogni area povera del mondo, mentre avengono invece in alcune aree relativamente ricche), dobbiamo preoccuparci pero' delle possibili conseguenze che si possono avere in quelle aree della societa'che si sentono escluse dal resto della colettivita'. Se un ampio numero di individui percepisce di non beneficiare dei guadagni creati dal sistema in cui vive, il suo sostegno ad esso si fara' sempre piu' flebile, fino a sparire o a tramutarsi in opposizione.
Lo so, e' rassicurante per molti (anche per me) pensare che una percentuale di elettori voti Lega Nord, 5 Stelle, Syriza, Podemos, Alba Dorata, o persino Hamas, perche' e' ignorante, stupida, irrazionale. Magari, portando a sostegno di tale tesi qualche statistica, piu' o meno affidabile, sull'alfabetizzazione funzionale della popolazione, spesso con toni (falsamente) auto-denigranti e al contempo compiaciuti. Ma e' una visione, nel migliore dei casi, parziale, nella peggiore falsa, sempre auto-consolatoria (nonostante la parvenza che gli si vuole conferire).
E cio' vale anche per altri aspetti della societa', come il timore verso il progresso tecnico, o persino i diritti civili .

Quali sono le ragioni dietro a questo aumento delle disuguaglianze?

Non si sa con certezza. Esiste persino un dibattito sulla effettiva crescita delle disuguaglianze, sia di reddito che di ricchezza, basato anche sui diversi dati ai quali si puo' guardare per capire gli andamenti (ad esempio qui). Vi e' opinione pero' piuttosto diffusa che una certa crescita della disuguaglianza vi sia stata.
 Ma il perche' e' ancora oscuro.
Per gli economisti di sinistra una tesi dominante e' quella della riduzione della quota salari, cioe' della porzione di reddito totale destinata ai lavoratori, incominciata verso la fine degli anni '70, e causata dalle politiche di libera circolazione di merci e soprattuto capitali (la globalizzazione) e dall'indebolimento delle unioni dei lavoratori.
 Per quelli di destra il colpevole e' lo Stato, che ha distorto attraverso politiche monetarie e fiscali espansive, a volte clientelari, quasi sempre populiste, il naturale funzionamento del mercato, favorendo le rendite a scapito dell'innovazione.
In mezzo c'e' di tutto: il peggioramento del sistema scolatico, le politiche famigliari, il progresso tecnico che favorisce il "chi vince prende tutto", eccetera.

Quali sono le soluzioni proposte?
Be', se considerate che ci sono decine di diagnosi diverse per il problema, e che per ognuna ci sono decine di proposte, fare un elenco risulterebbe inutile.



venerdì 15 maggio 2015

PROMETEO INCATENATO



-"Gli OGM non sono una soluzione ai parassiti e le piante infestanti, che si stanno rapidamente adattando!"
Continuo a non capire come il fatto che i parassiti e le piante infestanti si adattino alle colture OGM, superando le loro strategie di difesa, possa essere un argomento CONTRO l'adozione degli ogm.
Un po' come sostenere che, essendoci forme virali resistenti ai vaccini, allora sia inutile vaccinasi.
Le varie strategie proposte per contrastare il fenomeno dell'adattamento (come le zone buffer per i campi di soia in USA) sono, appunto, COMPLEMENTARI, non alternative.
-"il problema e' che vengono messe a rischio le colture 'tradizionali'!"
Per la contaminazione esistono già normative UE che impongono ampie (molto ampie) zone cuscinetto tra colture OGM e non.
-"L'agricoltura non deve essere piu' produttiva, ma piu' attenta alla biodiversita' e alla sostenibilita'!"
Bene, ma un'agricoltura meno produttiva, vuol dire un'agricoltura piu' ESTENSIVA, cioe' un'agricoltura che consuma ancora piu' suolo, piu' terreni marginali, e persino, aree protette e forestali. Non si vuole difendere la biodiversita'?
-"E' tutto in mano alla Monsanto e un'altra manciata di multinazionali. Inolte il problema e' che gli OGM possono essere brevettati"
Innanzitutto, il modo in cui si vuole far fronte al primo problema (l'oligopolio), mi ricorda quello con cui carti vorrebbero risolvere il problema dell'immigrazione: chiudendosi nel fortino e lanciando l'olio bollente, finendo cosi' solo per aumentare il numero di individui che bussano alla nostra porta e ritardando l'adozione di politiche efficaci alla gestione di un fenomeno globale e inevitabile.
Se cerchiamo di cacciare a pedate fuori dall'Europa gli OGM, data anche la sempre maggiore irrilevanza politica del nostro continente, finiremo solo per rafforzare questo oligopolio, e perderemo tutti i vantaggi che una gestione assennata e razionale di questa tecnologia puo' fornirci.
Se poi si ritiene che il problema siano i brevetti, si legiferi su questi, magari persino vietando qualsiasi brevetto in ambito alimentare (estremizzo), ma non vietiamo quella che e' una semplice tecnologia.
-Infine , "si, le ricerche non hanno riscontrato problemi per la salute umana, ma chissa' quali possono essere gli effetti di lungo periodo. Hai presente la storia dell'amianto?"
Gli studi -ormai migliaia- sono trentennali, e praticamente tutti giungono alle stesse conclusioni. Poi, certo: fra 50 anni scopriremo che il mais Bt provoca una reazione allergica, chissà.
Certo, si potrebbe allora argomentare a ritroso e col senno del poi che "meglio vietare lo sviluppo di automobili, senza le quali non esisterebbero le morti per incidenti stradali".


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http://bressanini-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/2014/04/25/mais-ogm-un-bigino-per-i-neoministri/

diciamo no all'invasivo candito nelle nostre vite

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