giovedì 3 gennaio 2013

OPINIONI DI UN TESTA DI CAZZO: MA COSA PENSANO GLI ANTI-EUROPEISTI?*



Questa è una sintesi dell'interpretazione che gli "anti-europeisti" e sostenitori dell'uscita dall'Euro danno alla Crisi Europea.

In un'area ad alta interazione commerciale come l'Europa, una volta venuti a mancare i meccanismi automatici di riequilibrio dati dai tassi di cambio delle rispettive valute, i Paesi in cui il CLUP era più alto (i PIIGS, o il "Club Med" più l'Irlanda) hanno visto un peggioramento delle proprie ragioni di scambio, il quale ha condotto ai notevoli squilibri delle bilance commerciali all'origine dell'odierna crisi. Questo fenomeno è andato peggiorando quando i Paesi definiti "core", con in testa la Germania, hanno ridotto ulteriormente il proprio CLUP.
Tutta "l'attenzione" da parte dei Mercati nei confronti dei paesi più deboli, e la loro sanzione tramite spread, è dovuta a tale dinamica, che ha portato ad un disavanzo delle partite correnti insostenibile, sopratutto con i tassi di crescita asfittici, e ulteriormente abbattuti dalla crisi del 2008, degli stessi.

In un regime di cambi fissi come il nostro, esistono solo due vie per poter riportare in equilibrio le ragioni di scambio e, quindi, le bilance commerciali:
-Si peggiorano le ragioni dei paesi core, sostanzialmente attraverso l'aumento salariale.
-Si migliorano le ragioni dei PIIGS attraverso la "deflazione salariale".

La strada intrapresa dal 2009 è la seconda.

Il problema di questa strategia è duplice.
Innanzitutto, da una certa prospettiva di teoria economica, la produttività di un paese dipende dalla crescita, la quale dipende dalla domanda, la quale, a sua volta, dipende dal reddito. In tal caso, una strategia improntata sulla riduzione dei redditi condurrebbe, pertanto, ad un calo della produttività, quindi ad un aumento del CLUP. Questo approccio porterebbe quindi ad un'aumento, non a una riduzione, degli squilibri.

In secondo luogo, dato che ai paesi core non farebbe comunque comodo la morte per inedia dei propri partner commerciali, sarebbe inevitabile dare vita ad ingenti trasferimenti fiscali da questi  a quelli periferici. Tali trasferimenti, oltre che politicamente difficilmente accettabili per i contribuenti tedeschi, produrrebbero una "italianizzazione" dell'Europa, con un Sud più povero e  totalmente dipendente dal Nord per la sua sopravvivenza.
A ciò si aggiungerebbero  i problemi derivanti da avere un meccanismo di deflazione in paesi ad alto debito estero che non possono ripagarlo in una "propria" valuta. 


La soluzione di tutto ciò, a questo punto, sarebbe il ripristino delle valute nazionali, lasciate libere di fluttuare per ripristinare gli equilibri commerciali. In poche parole l'uscita dall'Euro.

Gianluca Frattini

* Questo post ha un mero scopo divulgativo ed è destinato a chi ha poca o nessuna conoscenza economica. L'interpretazione della crisi qui riportata, almeno in parte e soprattutto nelle conclusioni, non è quella appartenente all'autore del post.

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