sabato 2 agosto 2014

DI MINACCE, DIFESA E RAZIONALITà



GIANLUCA FRATTINI - Uno dei luoghi comuni più diffusi, ma allo stesso tempo più veri (le due cose pare non siano correlate), recita: "in guerra la prima vittima è l'informazione". Il conflitto Israelo-Palestinese non sembra fare eccezione. Anzi, come possiamo constatare ogni giorno, il bias politico, la propaganda mirata, i wishfull thinking , o la semplice emotività (ne abbiamo parlato qui  e qui) distorcono la realtà fino a far precipitare in terra le lenti della ragione. Così, ad esempio, la naturale indignazione per la morte di centinaia di civili innocenti, finisce per far dimenticare o non vedere del tutto le responsabilità di Hamas nella perpetrazione all'infinito del conflitto, e persino nella morte dei civili stessi (ne ho parlato qui , nella seconda parte). Questo, ovviamente, avviene anche tra le file dei sostenitori dello schieramento israeliano.
 Qui, è su un aspetto preciso della propaganda israeliana che mi voglio soffermare (non certo per par condicio, che non riconosco), ossia l'incessante ripetere che "Israele è sotto continua MINACCIA da parte di Hamas" a causa della "pioggia di missili provenienti da Gaza"; una minaccia alla quale è "necessario rispondere" al fine di "proteggere i propri cittadini in costante pericolo" (affermazionia  cui spesso segue: "mica come quelli là, che usano gli scudi umani!").
 Queste che seguono sono riflessioni stimolate da alcune osservazioni sulla questione da parte dell'economista israeliano Ariel Rubinstein.

IL CECCHINO CHE SOFFOCA.
Innanzitutto i fascisti islamisti di Hamas. In che condizioni si trovano per essere considerati una minaccia significativa? Pessime. Il Movimento che nel 2006 vinse le elezioni nella Striscia (come?), si trova sia sul fronte esterno che su quello interno con le spalle al muro.
Dopo la caduta in Egitto del governo della Fratellanza Musulmana, non solo è venuto a mancare un pilastro fondamentale a sostegno della causa, ma il Presidente filo-occidentale al-Sisi sembra aver adottato una politica di piena ostilità nei confronti di Hamas, che ha portato alla chiusura dei tunnel di rifornimento militare e non tra l'Egitto e la Striscia; i rapporti con l'Iran e Hezbollah si sono raffreddati nel corso dell'ultimo anno, anche per questioni legate alla Siria di Assad; l'Autorità Palestinese in Cisgiordania, con la quale Hamas ha formato ,obtorto collo,  un governo di unità nazionale, è divenuta l'interlocutore preferenziale di Israele, lasciando al margine il Movimento e le sue richieste; anche molti paesi della Lega Araba sembrano aver preso le difese distanze dal partito di Gaza.
Internamente, inoltre, si trovano a dover fronteggiare la violenta opposizione di gruppi jihadisti più fanatici ed estremisti di loro (non sono davvero in grado di immaginare che razza di gente sia), i quali mirano a sostituirsi nel controllo di Gaza; infine ci sono le Brigate Qassam, quelle che lanciano materialmente i missili, e di cui, a quanto pare, la dirigenza del Partito sembra aver perso il controllo (è lecito supporre che alcuni alla testa di Hamas avrebbero persino accettato i vari cessate il fuoco proposti, ma non il braccio armato Qassam, il quale, non avendo nulla da perdere, ha proseguito col lancio di missili).
Insomma, non è troppo difficile arrivare ad ipotizzare che di fronte ci troviamo un movimento allo stremo, che cerca attraverso la violenza di legittimarsi agli occhi dei suoi sostenitori e finanziatori esteri, e di riconquistare la fiducia persa dagli stessi palestinesi a causa delle orrende condizioni di vita nella Striscia (anche e soprattutto dovute ad Hamas stessa).
Insomma, probabilmente, un'intensa e intelligente opera di diplomazia condotta da Israele sui governi circostanti, a  cominciare dal nuovo Egitto, unita ai progressiio auto-disgragamento e emarginazione di Hamas, avrebbe avuto probabilmente degli effetti efficaci, seppur meno clamorosi e spendibili elettoralmente, nello strangolare il movimento nel medio-periodo.

Si, ma le morti Israeliane, allora? Bene, addentriamoci cautamente nell'Ade e cerchiamo di parlare anche di quello (è il punto centrale dell'analisi, in realtà).

MISSILI DEL SABATO SERA.
Ma quanti israeliani sono morti a causa della pioggia di missili?
Il sito MONDOWEISS tiene in costante aggiornamento il contatore delle vittime in territorio israeliano, comprensivo di età e nome, causati dal lancio di missili e granate provenienti da Gaza, incrociando diverse fonti, tra le quali vi è anche il Ministero della Difesa di Israele. Dal 2001, anno di inizio degli attacchi, sino al 31 luglio 2014, si contano 40 DECESSI dovuti al lancio di missili e granate, più 2 causati dall'esplosione di ordigni ritrovati inesplosi.
Un'altra fonte, Wikipedia inglese , con criteri più restrittivi, ne conta 28. Ci riporta però anche il numero di feriti, pari a 1971, e ci dà una stima (di più non è possibile fare) del numero totale di attacchi, pari a 15,047. Fanno 1 morto ogni 537 attacchi, se si prende la stima wikipedia, 1 ogni 376 utilizzando quella di Mondoweiss. Se rapportiamo invece i decessi agli anni di conflitto, abbiamo, rispettivamente, 2 MORTI e 2,9 MORTI l'anno. Mondoweiss, inoltre, ci dice che delle 40 vittime: 17 erano soldati e 23 civili; 23 decessi sono avvenuti durante lo svolgimento di operazioni israeliane "anti-missile"; 2 erano cittadini non israeliani (Thailandesi). Noi possiamo aggiungerci, come spartiacque, l'attivazione del nuovo costosissimo sistema anti-missile Iron Dome (ID), avvenuta ad aprile 20011:  nei primi nove anni pre-ID sono morte 19 persone, mentre nei successivi cinque ne abbiamo 21.

Sono tante o sono poche?
Ovviamente  una morte violenta, specie se di un civile innocente, è un'immane tragedia per la famiglia, la comunità, la nazione e, a mio parere, tutta l'umanità, il cui prezzo è impossibile (tranne che per qualche cinico economista) da calcolare.
Ma se parliamo di un conflitto, dobbiamo anche tenere conto delle reazioni che a tali morti seguono, e dato il principio per cui non fareste mai scrivere il diritto penale alla famiglia di una recente vittima di  omicidio, e tenendo presente che la decimazione n stile nazista è considerata un crimine contro l'umanità, dobbiamo cercare di ancorare i numeri a qualcosa di meno emotivo e più razionale.
Partiamo da un paragone. Secondo il Central Bureau Statistics d'Israele , tra il solo 2010 e il 2013, abbiamo avuto 1233 decessi dovuti a incidenti stradali (e più di 6500 feriti gravi), corrispondenti ad una media di 308 vittime l'anno, contro le 2,9 per razzi e granate.
Cinicamente e rozzamente, questo vuol dire che avreste più probabilità di morire tornando a casa dal pub il sabato sera che non sedendovi nel giardino, alla periferia di Ashkelon, in attesa che un qassam vi caschi in testa. Vuol dire che se il Governo di Tel Aviv spendesse un po' di più nella sicurezza stradale (per correttezza, c'è da dire che Israele è già uno dei posti più sicuri al mondo se siete in auto), anche solo una frazione di quello che spende per gli interventi armati, salverebbe molti più suoi cittadini.

Vabbè Gianluca, non renderti ridicolo. Mi stai paragonando degli incidenti a dei deliberati e indiscriminati attacchi armati da parte di forze straniere.

Vero. Però consideriamo anche altre fattori.
Innanzitutto -so che questa cosa sorprenderà molti di voi -, il conflitto non è incominciato ieri con il bombardamento di Gaza, nè l'altro ieri con il lancio dei missili dalla Striscia (che in realtà non si è mai veramente interrotto), nè tanto meno con il rapimento e  l'uccisione dei tre ragazzi israeliani. Il conflitto ha quasi 70 anni, e il lancio di missili avviene dal 2001.  Solo negli ultimi 6 anni abbiamo avuto ben 3 operazioni militari dell'esercito israeliano,  finalizzate proprio a fermare i lanci di razzi da parte di Hamas e a ridurre all'impotenza il movimento: “Cast Lead”, "Pillar of Cloud" e quella in corso, "Protective Edge". Bene. Non solo le precedenti operazioni "mirate" non hanno eliminato il pericolo di attacchi (che nell'anno 2012 sono persino aumentati rispetto ai 3 precedenti, per poi calare fino al 2014 e risalire), ma anche il numero di decessi è aumentato. E questo nonostante ID. Come si faceva notare sopra, inoltre, ben 23 morti su 40 sono avvenute durante tali operazioni "anti missile" (ricordate che i militari deceduti sono solo 13).
Questa voi la chiamereste efficacia?
A tutto ciò va aggiunto un altro dato: solo in quest'ultima campagna militare, prima aerea e ora di terra, portata avanti per "proteggere i cittadini israeliani", sono morti 59 di essi: 56 militari e 3 civili. Vuol dire che per evitare che degli israeliani muoiano per i razzi  di Hamas, solo in due settimane sono deceduti più israeliani in operazioni militari di quanti Hamas ne abbia uccisi in 14 anni con i missili.
Certo, adottando una neutralità morale e un cinismo da androide, mi si potrebbe obbiettare che stiamo parlando di militari, pagati appositamente per difendere la patria, a rischio della propria stessa vita. Ma allora, se togliamo dal computo anche i militari deceduti per i razzi, il numero totale diviene ancora più risibile, e la risposta israeliana ancora più sproporzionata (sì, l'ho detto infine anche io).


CONCLUSIONI (MAI DEFINITIVE)
Se facciamo la somma degli elementi che qui abbiamo sopra esposto, ossia: debolezza di Hamas; minaccia risibile; inefficacia degli interventi; numero di morti per evitare i razzi maggiore di quello prodotto dai razzi stessi; e, perchè no, mettiamoci anche un buon migliaio di palestinesi (escludendo quelli uccisi direttamente da Hamas), la conclusione di un Governo  razionale e mirante a minimizzare il numero di morti tra i suoi cittadini risulterebbe una sola:
SAREBBE MEGLIO NON INTERVENIRE.

Ok, lo so, le considerazioni che spingono una nazione a far intervenire il proprio esercito in questi casi sono molte altre. Per esempio c'è l'effetto incentivo, o deterrente: se io non agisco contro un nemico, pur debole, lo incentivo a incrementare i suoi attacchi fino a che questi non divengono veramente gravi; inoltre devi mandare il messaggio alle altre nazioni nemiche, magari più pericolose, che tu non sei uno con cui si può scherzare. Hamas, e gli altri jihadisti, hanno poi utilizzato forme di attacco differenti dai razzi, come gli attentati terroristici (i quali però sono crollati nel numero dopo l'innalzamento del muro). Infine ci sono considerazioni di politica interna (eccallà!), soprattutto in un posto dove la questione sicurezza può essere determinate a fini elettorali (specie tra i coloni e per la destra).
Tutto vero, ma allora non tiriamo fuori l'argomento "abbiamo il diritto d difendere i nostri cittadini", e parliamo di cose serie.

Un ultimo esempio. Anche la Corea del Nord, prima con Kim Jong Il, poi con Kim Jong Un, si è dimostrata una minaccia per Giappone e Sud Corea e, a parole, per tutto l'Occidente. Parliamo qui non di 4 disgraziati in 360 Km2, ma  di uno degli stati con un rapporto militari/cittadini tra i più alti al mondo, con un (piccolo) arsenale atomico e missili a media-lunga distanza, che ha dimostrato a più riprese di poter utilizzare. Ha provocato più volte il nazionalista Giappone e l'alleato americano sud coreano (parentesi: che però sta simpatico alla sinistra) con test missilistici, e in diverse occasioni ha anche aggredito e ucciso. Eppure...eppure...eppure, non abbiamo assistito a bombardamenti a tappeto di Pyongyang, nè continue invasioni militari per "proteggere i nostri cittadini". Le rappresaglie sono state contenute, e spesso la minaccia è stata ridimensionata o persino ignorata o, come si dice in gergo tecnico, "non li hanno cagati". E questo sia prima che dopo i test nucleari.
Come dite? Non si può intervenire in Nord Corea senza scatenare un caos nell'area? Che nessun cittadino americano appoggerebbe un intervento con costi umani e militari del genere?
Ecco, bene, sono d'accordo. Ma allora evitiamo la retorica del diritto a difendersi ad ogni costo, e parliamo seriamente.

Ps della "minaccia all'esistenza dello Stato d'Israele" non ho parlato, non solo per questioni di spazio, ma anche perchè su certe scemenze è meglio tacere.

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