sabato 4 settembre 2010

OPINIONI DI UNA TESTA DI CAZZO: ladri di mestieri (II)


Prosegue il mio serrato dibattito con l’italiano medio, dopo la calcistica interruzione della tv, sul tema immigrazione.

Apprendiamo, con in realtà poco stupore ma tanta gioia, che lo svedese/bosniaco Ibrahimovic ha segnato un’ennesima doppietta in campionato, cosa che si prospetta possa replicare mercoledì contro il teutonico Bayern. A questo punto sorge in me la speranza che la notizia ben disponga il mio interlocutore, tanto da renderlo più propenso ad accogliere le mie motivazioni, o meglio ancora, a dimenticare il discorso e lasciarmi al mio rito religioso a base di caffeina. Me misero.

Prima che io possa proferire parola, “il medio” torna a voltarsi e riprende il discorso lasciato in sospeso: "E comunque sia, portano un sacco di delinquenza. non li guardi giornali?". Si e alle volte mi ritrovo anche a leggerli. Non posso fare a meno però di presentargli quella che è una serissima ricerca fatta da Tim Wadsworth, docente di Sociologia all'Università del Colorado, nel quale viene dimostrato che il rapporto tra immigrazione e criminalità è inverso, contrariamente a quel che si crede. La cosa è in effetti ovvia, se si pensa che un uomo spinto dalla miseria ad abbandonare la propria casa e le propria famiglia per assicurare a quest’ultima un reddito regolare ed un futuro dignitoso, trasportandosi in un mondo distante migliaia di km reali e culturali, lo farà buttandosi a capofitto nel lavoro(da schiavo) piuttosto che spendendo il proprio tempo e la propria unica possibilità commettendo cazzate. Almeno nella maggior parte dei casi. Di nuovo mi viene incontro la Banca d’Italia con una ricerca intesa a verificare proprio ciò. Anche i dati relativi alla mia città di adozione (pure io una sorta di immigrato?), Roma, mostrano la stessa evidenza :” I dati del Ministero dell’Interno - Dipartimento Polizia di Stato mostrano, infatti, che nel 2008 la criminalità degli stranieri è diminuita del 7,6% nel Lazio e del 15,3% in provincia di Roma, nonostante la popolazione straniera residente sia aumentata in entrambi i contesti.”(fonte: Osservatorio Romano sulle Immigrazioni, VI rapporto,).

Ammettendo, per assurdo, la realtà dell’affermazione del mio amico, bisognerebbe nuovamente porsi il problema di ricercare un’origine al male a cui facciamo riferimento. Se assistiamo ad un’importazione di immani proporzioni di criminalità da fuori i confini questo avviene perché il mondo che ci circonda è popolato da esseri dediti per natura al male e capaci solo, per mancanza di qualsivoglia abilità, a delinquere, o piuttosto l’Italia sta diventando una sorta di far west legale dove, sia autoctoni che immigrati possono compiere malefatte di ogni genere senza incontrare la giusta opposizione del sistema giuridico e normativo? L’alto tasso di delinquenza del nostro paese, unito al raffronto con le situazioni di paesi molto più aperti all’accoglienza e con una percentuale di immigrati sulla popolazione più alta , quali Svezia, Germania Gran Bretagna, che non si trovano a dover far fronte alle stesse dimensioni di tale piaga, farebbero propendere per la seconda ipotesi.

Cerco di cogliere l’assist fornitomi dal suo silenzio (vocale e di pensiero) per stuzzicarlo con l’argomento morale, a cui dovrebbe essere sensibile uno dei tanti “italiani brava gente” come recita la smemorata espressione: non pensi poi che sia un crimine alzare le cataratte di fronte ad una massa di disperati pronti a rischiare la propria vita, attraversando mari di acqua, mari di sabbia e mari di trafficanti, pur di trovare la speranza? Quanti tra i rimpatriati sono esuli che fuggono da guerre civili e persecuzioni politiche, etniche o religiose?. "appunto. Sei tu che col tuo bel pensare ipocrita li fai venire fino a qui [io? Li faccio venire?? Ma che cazzo dici??? Magari li telefono di nascosto]. Affrontando chissà quali rischi, giusto per dar ragione al tuo bel ideale [sic!]. Perché, invece non gli aiutiamo nel loro paese?"

Ecco. Questa è un’altra di quelle espressioni che mi è difficile comprendere. Che vuole dire aiutare? In che modo? Chi? Forse il mio ben intenzionato amico fa riferimento a tutte quelle politiche di assistenza ufficiale ai paesi in via di sviluppo (i cosiddetti ODA) che tante belle intenzioni hanno persino nel nome. È un peccato che il nostro virtuosissimo e generoso paese sia agli ultimi posti nella classifica dei paesi che combattono la povertà attraverso i finanziamenti allo sviluppo. Se il governo passato aveva fatto male, quello attuale, nonostante le promesse, ha poggiato una pietra tombale sul settore dell’assistenza allo sviluppo. Sarebbe utile fargli notare, inoltre, che se molti paesi del cosiddetto “terzo mondo” riescono a tirare vanti è perché le economie famigliari degli stessi sono sostenute attraverso le rimesse degli immigrati. Un flusso di una portata così ampia da essere l’unico ad aver resistito persino alla recente crisi finanziaria, mostrando addirittura tassi di crescita. Ma scorro, senza colpo ferire, fino al passaggio successivo: l’unico modo nel quale i paesi di origine degli immigrati possano crescere (se questo è visto come un bene) fino a raggiungere il nostro livello, è quello che “si aiutino da soli” abbracciando l’economia di mercato e sviluppando da se le proprie istituzioni. In questo gli aiuti dall’estero hanno sempre fallito e, per loro natura, sempre falliranno. Serve che lo slancio se lo diano da soli aprendo le loro porte al mercato internazionale (anche dei lavoratori) come stanno già facendo Cina, India, Brasile e quant’altri. Ma qui ricadono gli strali dell’italiano medio, che ora fa il verso a sedicenti esperti di economia e società quali il nostro immobile ministro delle finanze Giulio “Tre Picchi”: "i cinesi ci sommergeranno, ci faranno chiudere le fabbriche, ci conquisteranno…"

ok. Vorrei continuare ma sento un amaro rigurgito salirmi dall’esofago. Non so se sia il caffè che si ribella e cerca d rifuggire dalla conversazione o sia la rabbia di parlare senza comunicare. Per avere qualche delucidazione sulla sua ultima affermazione lo invito a leggere “Tremonti: istruzioni per il disuso” del collettivo Noisefromamerika. Lo saluto ed esco dal bar. Mi accorgo che è ora di pranzo. E decido di dirigermi al kebabbaro lì vicino. Mi giro e mi accorgo che l’italiano medio ha avuto la mia stesa idea.

GIANLUCA TdC

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