lunedì 28 maggio 2012

I FALLIMENTI DEL SISTEMA SOLARE



"E' il mercato che fallisce"; "E' lo stato a fallire"; "il capitalismo sta fallendo"; "no, a fallire è la pianificazione centrale".


A ben guardare TUTTI  i sistemi complessi sono, prima o poi, destinati a fallire. Anche la natura, sebbene la cosa non ci paia facilmente concepibile, "fallisce". Le specie viventi si estinguono, i sistemi stellari esplodono o "si spengono" (in realtà la dinamica è più complessa, ma non  serve addentrarsi nei particolari), l'universo, probabilmente, scomparirà in una nube di entropia (Big Freeze) e, sopratutto, ogni individuo di una specie vivente è destinato a morire, per quanto possano essere imponenti gli sforzi, volontari o meno, atti ad evitare tale drammatico finale. Il fatto è che la natura non è teleologica, non ha un fine ultimo, uno scopo: semplicemente agisce. Pertanto non si può parlare di "fallimenti" veri e propri, ma di rotture di equilibrio, conseguenti a continui e progressivi cambiamenti di stato del sistema. Ma in definitiva, dal nostro punto di vista antropocentrico, possono certo essere accostabili ai fallimenti per come li intendiamo.
 Per i sistemi umani, quelli prodotti dal nostro intelletto -cioè la proiezione dei nostri neuroni sulla realtà, per i riduzionisti come il sottoscritto- sussiste però l'illusione che questi debbano essere progettati per non fallire mai. Anche perchè noi umani di scopi nella vita ne produciamo a profusione. Siamo creature teleologiche. Tutti i nostri costrutti morali ed etici hanno alla base il concetto di "fine ultimo".
 Ed invece il fallimento dei sistemi "artificiali, che siano sistemi di produzione o sistemi politici, è una regolarità nella nostra storia.
Per fare due esempi concreti: il sistema capitalistico basato sul libero mercato, è il sistema di produzione che ha presentato le migliori performance per quanto riguarda la crescita ; non si può dire lo stesso per quanto concerne l'uguaglianza dei redditi; la sperequazione che si viene a creare, inoltre, nel lungo periodo può affliggere le stesse prestazioni nell crescita. Di contro, i sistemi a pianificazione centrale, nel breve periodo raggiungono considerevoli livelli di uguaglianza; invece, nel medio-lungo periodo non sono efficienti per quanto concerne la crescita (ed hanno la malsana tendenza a produrre regimi politici dispotici e totalitari); la mancanza di crescita, inoltre, nel lungo periodo può anche intaccare pesantemente l'uguaglianza distributiva.

Mi astengo da fare inutili riflessioni su altri sistemi di produzione che si sono presentati nel corso della storia.

Con una tale dinamica, in cui violenti e inattesi cambiamenti, uniti a errori e contraddizioni immanenti ad ogni sistema (chiamiamoli "errori genetici" se vogliamo mantenere il legame metaforico con la natura), conducono al superamento degli stessi e, probabilmente, anche alla nostra definitiva estinzione, qualsiasi giochetto di politica monetaria, fiscale o salariale, ha praticamente lo stesso effetto che può avere una vita sana, un regime alimentare controllato, e una buona dose di medicinali nei momenti di malattia, sulla nostra probabilità di sopravvivere alla morte.

Cosa fare? Diventate religiosi :-D

Gianluca Frattini

mercoledì 23 maggio 2012

VAI AVANTI TE CHE A ME VIE' DA RIDE'.



Ma lasciamo stare tutto. Diciamo che la soluzione, in definitiva, è questa: aumentare i salari dei dipendenti privati, ma a parità di pressione fiscale e spesa pubblica. Anzi, sarebbe meglio aggiungerci anche una bella patrimoniale nei confronti dei “ricchi” (qualsiasi cosa voglia si voglia indicare con  questo termine ) e anche aumentare la spesa, e in maniera consistente,  per dar vita al moltiplicatore. Inoltre, siccome non ci è consentito bloccare i capitali nello spazio  UE, chiediamo anche agli imprenditori tedeschi, finlandesi, olandesi, di aumentare gli stipendi, e in misura doppia della nostra, altrimenti si creano altri squilibri (naturalmente ciò non avrà alcun effetto negativo sulle aziende di tali paesi che puntano sull'export, sull'occupazione e, soprattutto, sui consumatori dei paesi importatori). In aggiunta, dovremmo chiedere ai contribuenti dei paesi sopra citati, che nel frattempo grazie all'intervento precedente son divenuti tutti ricchissimi, di sobbarcarsi il finanziamento di EuroBond, ProjectBond, JamesBond...
 Poi, siccome i nostri dipendenti pubblici percepiscono salari inferiori alla media UE, aumentiamo anche quelli, indipendentemente dalle performance. Lasciamo stare il fatto che anche i servizi offerti siano inferiori alla media, che i nostri studenti  abbiamo rendimenti mediocri (non servono nemmeno i test PISA), che i servizi postali siano pessimi, che i trasporti urbani non siano paragonabili nemmeno a quelli dell’est europeo, che il sistema idrico nazionale sia finanziariamente in rosso e perda il più del 40% della portata… Tanto tutto ciò si risolverà automaticamente aumentando gli stipendi… oltre ovviamente ad investire di più nelle infrastrutture, sia chiaro.  Un modello a cui possiamo fare riferimento, per spiegare come funzionerebbe questo miracolo, è il sud Italia, destinatario, negli ultimi 50anni di ingenti e continui flussi di denaro pubblico; e senza dimenticare la sua prodigiosa storia di politica industriale nazionale, con i famigerati “poli industriali”! Visto che non possiamo bloccare i capitali verso e da l’Europa, poi, alziamo anche qualche barriera protezionistica – qualche dazio diciamo- nei confronti della Cina. Si, magari all’inizio questo avrà gravi ripercussioni su qualche milione di cinesi, ma poi vedi che appena avranno capito anche loro che il futuro è nel mercato interno e nell’”Autarchia”, si sentiranno sollevati (lasciamo stare il debito pubblico locale e la bolla immobiliare). Si, forse i nostri consumatori finiranno per pagare di più i prodotti nostrani, ma vuoi mettere il valore di piatti e forchette made in Italy e del nostro “formaggio”?E se tutto ciò non funziona, in fondo, come extrema ratio, si può uscire dall’Euro, bloccare i capitali (tanto quelli esteri saranno fuggiti tutti) e finalmente svalutare, come ha funzionato magnificamente nel ’92 e in Argentina (che le affidabili statistiche di stato dicono essere un paese a bassa inflazione e ridente).Ora basta solo che uno di voi, magari accompagnato da Stiglitz, che è autorevole visto che ha vinto un Nobel, (non come Vernon Smith o Pisarides o Sargent), vada a bussare porta a porta degli imprenditori del nostro paese e di quelli del resto d’Europa e gli presenti questa soluzione. Good Luck! Ps si, si, si, l’austerity nemmeno è la soluzione. Lo so. E’, purtroppo, la naturale e imprescindibile conseguenza di trent’anni di politica a base di sprechi.Gianluca Frattini

SI, MA HA INCOMINCIATO LUI!




Ricapitoliamo cosa è successo. Negli anni ’90 buona parte dei paesi dell’unione europea hanno deciso, volontariamente, di adottare la moneta unica, precludendosi la possibilità di ricorrere alle svalutazioni, perché il paradigma era: svalutazioni=BRUTTO. Forse era un’idea giusta, forse pessima, sta di fatto che tutti hanno fatto la rincorsa per adottare questo sistema , facendo persino carte false (qualsiasi riferimento a Grecia e Italia è puramente volontario). Una volta fatto il passo all’interno di questo nuovo regime, ogni paese ha necessariamente dovuto adottare una strategia che gli permettesse di migliorare la propria condizione economica. La Germania, che usciva da un decennio difficile, ha deciso di adottare una strategia che facesse leva sul suo vantaggio competitivo, l’alta produttività, adottando riforme che vertevano sulla riduzione della spesa pubblica e sulla moderazione salariale, così da riuscire ad esportare di più IN TUTTO IL RESTO DEL MONDO (leggete bene: TUTTO il resto del mondo). I governi tedeschi hanno chiesto AI SINDACATI e ai PROPRI CITTADINI “siete disposti a questi sacrifici?”. Risposta dell’epoca: SI. Conseguenze negli anni successivi: aumento delle esportazioni, crescita del pil sopra la media europea, riduzione delle imposte E DELLA DISOCCUPAZIONE (sottolineo). Certo, ci sono i “minijobs”, i salari, COMUNQUE Già Più ALTI DELLA MEDIA EUROPEA, sono cresciuti più lentamente, e certo non ci sono tutte quelle protezioni del lavoro che si trovano in paesi come Cina, brasile e India (si, sono ironico), ma certo buona parte degli obbiettivi economici principali sono stati centrati. Cosa hanno fatto invece Paesi come Italia, Portogallo e Grecia? Si sono adeguati? Han giocato d’anticipo? Han riformato? Si, perché non è che se un paese decide di esportare di più (vedi Germania) allora tutti gli altri importano, possono diventare più competitivi, ad esempio, riducendo il suo vantaggio. Magari aumentando in qualche modo i fattori che determinano la produttività, oppure, se si trovano con salari in crescita anche se moderata ma una produttività stagnate oppure decrescente, bloccano momentaneamente i primi aspettando che la seconda aumenti. Niente di tutto questo. Per parlare anche solo del nostro Paese, questo, in virtù di una spesa per interessi in diminuzione ha deciso bene di utilizzare questo vantaggio per spendere, spendere e, un po’, anche per spendere (a parità di pressione fiscale, si intende). Ma non è che queste siano finite in investimenti per creare la nuova silicon Valley calabrese, o in banda larga, o in investimenti produttivi. No: ci abbiamo pagato essenzialmente diversi tipi stipendi e di beni per non si sa cosa.  bene, questa spesa a cosa è servita? Ha "stimolato la domanda facendo crescere tramite moltiplicatore il PIL"? Ha migliorato le nostre infrastrutture o i nostri servizi? Abbiamo diminuito la disoccupazione? Direi proprio di no. E nessuno, ma proprio nessuno ci ha costretto a questa situazione. Al Portogalloe d alla Grecia è andata anche peggio. Spagna, Francia e Irlanda hanno avuto una situazione DIVERSA e più complicata. bene, e già da qui si può capire quale strategia è stata vincente e quale perdente. Non per questo però è sensato andare a cercare colpevoli e capri espiatori. La domanda “di chi è la colpa?”, mi pare davvero idiota. E se proprio occorre porcela, mi pare davvero un assurdo logico attribuire TUTTE le colpe alla Germania, solo perché la sua strategia è stata “meno perdente”. Persone serie e sensate, e non animate da spirito partigiano (di ogni orientamento), si porrebbero un’unica domanda: “come uscirne?”. Austerity? Eurobond? Spesa keynesiana? Allegra stampa di moneta? Uscita dall’euro e svalutazione? PROPRIO NON NE HO IDEA! L’unica cosa di cui mi sembro certo è che per problemi diversi, come diverse sono le situazioni nazionali, è difficile poter adottare un’UNICA soluzione.


Gianluca Frattini


SI, PERò CE STAVA IL RIGORE.


Allora, possiamo dirlo: l’esperimento Euro è stato un autentico fallimento. Certo, nessuno può dire cosa sarebbe accaduto se non avessimo creato la moneta unica: magari la combinazione di aumento del prezzo del petrolio (nessuno può dire cosa sarebbe successo a livello internazionale), svalutazioni e crescenti interessi sul debito, avrebbero condotto nel giro di qualche anno a crisi economica e inflazione. Ma nessuno, appunto, lo può dire con certezza. Quello che si può affermare con una certa sicurezza e che tutti i Paesi che hanno ideato la moneta unica, o che vi hanno in seguito aderito, lo hanno fatto spontaneamente* e, soprattutto, lo hanno fatto per il proprio tornaconto (proprio della nazione) economico e politico. Proprio tutti: la Germania come la Grecia, l’Italia come la Finlandia, la Spagna come il Belgio. Certo non lo hanno fatto per creare una “più forte e coesa realtà, che andasse oltre ai gretti confini nazionali e che potesse competere con i giganti americani ed asiatici, e per indirizzarsi verso la realizzazione degli stati Uniti d’Europa”. Cazzate. Certo non si trova la verità nelle parole degli intellettuali dell’epoca, che devono dare interpretazioni epocali e “olistiche” di ogni fenomeno; né in quelle dei politici, che devono rielaborare verbalmente le proprie azioni al fine di CATTURARE IL CONSENSO elettorale . Però questa è la verità: OGNI PAESE è ENTRATO NELL’EURO PER MASSIMIZZARE IL PROPRIO TORNACONTO.  Il problema è che ognuno l’ha fatto perseguendo la propria strategia (tutt’altro che chiara e stabile, aggiungo). La conseguenza è stata che da questa Europa, dopo 10 anni, si sono avuti pochi mediocri vincitori e tanti straordinari perdenti. Ora, però, mi pare ridicolo voler attribuire tutte le colpe ai “paesi Nordici”, solo perché la loro strategia è stata quella più vincente, mentre quella dei “Paesi terroni”, basata su “prendi il prestito e spendi”, è stata fallimentare. Anche perché, pare sempre che ci si scordi che quei cattivi nordici, nel momento di baldoria collettiva, a metà decennio, i loro sacrifici (VOLONTARI, DEMOCRATICI E CONCERTATI) li hanno fatti. Anche perché, pare sempre che ci si scordi che attualmente sono i tedeschi a finanziare le nostre perdite. Tale facile attribuzione di colpe all’Europa e ad alcuni suoi membri , ritenuti “assenti”( o persino “criminali”), mi ha ricordato molto l’emergenza immigrazione che abbiamo vissuto l’anno scorso: per un decennio i Paesi core dell’Europa si sono assorbiti decine di migliaia di immigrati provenienti dall’est Europa e dai Balcani, mentre noi fischiettavamo facendo finta di non vedere; poi abbiamo contribuito affinché non si creasse una politica comunitaria di gestione delle emergenze immigratorie; infine, quando un’ondata di barconi, durante la primavera araba, ha raggiunto le nostre coste, tutti a maledire “l’assenza di Europa” e i “paesi menefreghisti che non condividono l’emergenza”. SE ora tutti a lamentarsi dell’arbitro e della scorrettezza degli avversari: si però ce stava il rigore. *A proposito di “imposizione dell’euro in forme non democratiche”, argomento di cui tanti in questo periodo si riempiono la bocca: qualcuno mi sa indicare un’istituzione sovranazionale a cui è stata data vita attraverso un vero processo democratico, con un’attiva partecipazione di tutti i cittadini? La NATO? L’ONU? L’UNICEF? Il Tribunale Penale Internazionale dell’Aja?

Gianluca Frattini

giovedì 12 gennaio 2012

COMPAGNI DELLA DECRESCITA ARMATEVI DI FALCE E RASTRELLO


LIBERAMENTE TRATTO DA QUESTO POST [le parti in stampatello sono modifiche mie, ovviamente] http://ilcorrosivo.blogspot.com/2012/01/quanta-confusione-sulla-decrescita.html

Mai come in questi anni, vissuti all’insegna della crisi economico/finanziaria, creata scientemente da chi sta costruendo la “società del futuro”, globalizzata, massificata ed appiattita sul dorso del moribondo modello americano, accade sistematicamente di leggere i giudizi e le esternazioni più svariate concernenti la LA TEORIA SOCIALISTA.

Giudizi ed esternazioni esperite quasi sempre da chi, dopo avere letto sommariamente qualche testo che tratta l’argomento, manifesta il convincimento di poterne discettare dottamente, pur avendolo (nel migliore dei casi) compreso solamente in maniera parcellare, quando non equivocato completamente.

Sono tanti i genialoidi che affermano con adamantino convincimento che proporre la decrescita non avrebbe alcun senso, dal momento che la decrescita c’è già STATA, incarnata DAL SISTEMA SOCIALISTA SOVIETICO, con tutte le conseguenze, OPPRESSIONE, impoverimento ed angustie assortite che SI SONO SPERIMENTATE NEL CORSO DEI DECENNI.

Se costoro avessero capito almeno quel poco che hanno letto, dei vari MARX, ENGELS, LUXEMBURG, LENIN similia, saprebbero benissimo che L’APPLICAZIONE DEL SISTEMA SOCIALISTA PER COME ATTUATO IN URSS non ha nulla a che fare con LA TEORIA SOCIALISTA tratteggiatA dai suoi sostenitori.

Oggi ci troviamo di fronte ad una società fondata sul CAPITALE e costruita per ACCUMULAREindefinitamente in maniera illimitata, che per svariate ragioni, nonostante lo voglia fortemente, non riesce più a crescere, trovandosi pertanto a boccheggiare come un pesce senza acqua che moribondo agonizzasse nell’ultima pozzanghera rimasta.

La società che i vari teorici DEL SOCIALISMO auspicano possa nascere è un modello basato su fondamenti di tutt’altro genere…….

Il benessere COLLETTIVO, la qualità della vita, un rapporto simbiotico CON LA SOCIETà, il recupero dei rapporti sociali comunitari, il tempo liberato, il ridimensionamento della sfera finanziaria, le tradizioni, lo scambio e il dono e molto altro ancora. Il tutto vissuto all’insegna di una riduzioneDELL’INDIVIDUALISMO che nasce da una scelta consapevole e non riveste assolutamente un carattere depressivo o catastrofico, caratterizzandosi come parte integrante di un differente modello sociale.

Altri genialoidi, innamorati dello CAPITALISMO e della modernità, credono di aver letto, nei testi che non hanno capito, l’intenzione di un ritorno ad un passato fatto di FATTORIE COLLETIVE, GULAG, viaggi a SU MEZZI STATALI INEFFICIENTI, arretratezza tecnologica, penuria economica,CONTROLLO e OPPRESSIONE.

Probabilmente lo credono proprio per ignoranza o troppo fervida immaginazione, dal momento che nessuno fra i teorici del SOCIALISMO ha mai vaticinato qualcosa del genere.

LA TEORIA DEL SOCIALISMO osteggia questo sviluppo e questa modernità, ma intende costruire una società che raccolga le tradizioni e gli insegnamenti del passato non per perpetuarli in maniera statica, ma per guardare al futuro in una maniera nuova. Una maniera che prescinda dalla devastazione PROLETARIA, sociale ed economica attualmente in atto, ma utilizzi (meglio) la tecnologia e usi IL LAVORO PROLETARIO in maniera intelligente.

Altri ancora ritengono di aver capito che IL SOCIALISMO sia un modello economico e sociale che un manipolo d’imbonitori intenderebbe imporre sotto forma di dittatura, per ridurre il popolo in miseria, mentre loro gozzovigliano nascostamente con le risorse altrui.

Non me ne vogliano, ma questa (mai carezzata in nessun testo dei teorici della decrescita) è esattamente la realtà dei nostri giorni, dove la mafia tecno/finanaziaria che sta mettendo il popolo in mutande, mentre è impegnata a suggere champagne dai calici di cristallo, non ha certo bisogno di teorizzare la decrescita per portare avanti i propri intendimenti. Le bastano lo spread, il default ed una massa dicervelli all’ammasso innamorati deL'ACCUMULAZIONE per L'ACCUMULAZIONE.

Altri ancora criticano il fatto che sotto l’albero della SOCIALISMO alberghino molte “anime belle” che usano il fascino di una filosofia trendy, unicamente per sbarcare il lunario, vendere libri, fare marketingROSSO e vendere i propri prodotti, mentre al contempo se ne infischiano di ciò che predicano e vivono nel lusso.

Fatta la debita premessa che IL SOCIALISMO è ben lontanO dal manifestarsi come antagonista del lusso, incarnando semmai l’idea di un “lusso COLLETTIVO” (esiste un lusso migliore della serenità vissuta DAL LAVORATORE liberato?) senza dubbio costoro dicono delle cose vere.

Nell’ambito di chi s’interessa di SOCIALISMO, come di UGUALIANZA e di LOTTA OPERAIA, esistono molti opportunisti che percorrono la strada unicamente alla ricerca di una qualche convenienza personale. Non potrebbe essere diversamente, dal momento che viviamo nella società del CAPITALE E DELL’ACCUMULAZIONE, dove l’obiettivo economico è in cima alla lista delle priorità ed ogni mezzo finalizzato a conseguirlo è buono, purché serva a raggiungere lo scopo.

Questa realtà contingente (figlia del CAPITALE) non sminuisce comunque affatto il pensiero DEL SOCIALISMO , semmai lo rafforza in qualità di cartina di tornasole del livello di degenerazione al quale siamo giunti.

In conclusione quello della decrescita non è certo un modello certificato, studiato in ogni dettaglio e pronto per venire applicato, garantendoci prati verdi e prosperità per il resto dei nostri giorni.

Si tratta al contrario del contenitore di tutta una serie di pensieri teorici che hanno come minimo comune denominatore la volontà di trovare una via d’uscita all’insostenibile situazione contingente, attraverso il recupero DEL PROLETARIO in qualità di PROPRIETARIO DEI MEZZI DI PRODUZIONE e non di mero INGRANAGGIO AUTOMATICO della macchina del CAPITALE. Una serie di pensieri senza dubbio perfettibili e migliorabili attraverso altri pensieri che lastrichino la strada dell’applicazione pratica. Un tentativo estremo di scendere in cordata sulla parete della voragine, mentre il treno impazzito sta sprofondando nel burrone.

Con una forte componente di utopia, senza ombra di dubbio, ma sempre estremamente realistico se rapportato al pensiero di coloro che rimangono aggrappati al mito del consumo, del CAPITALISMO edelL’ACCUMULAZIONE, sena essersi accorti che nella carestia sociale sono già immersi fino al collo.
Gianluca TdC

domenica 20 novembre 2011

OPINIONI DI UNA TESTA DI CAZZO: IL COMUNISMO SALVERà IL MONDO.


Secondo i fautori del sistema economico a pianificazione centrale - per gli amici: comunismo- , se l’insieme di tutti i mezzi di produzione venisse espropriato e, eliminando la proprietà privata, venisse dato in mano allo stato centrale, la divisione dell’umanità in classi sociali svanirebbe (e questo già non corrisponde a verità), con conseguente cessazione di ogni conflitto e lotta, vista l’uniformazione di ambizioni e volontà, dando vita ad un mondo di UGUALI.

Ciò è palesemente falso. La gente tende ad ignorare le forme in cui le peggiori passioni umane si possono presentare: invidia, gelosia, ira. Con un’ottica tipicamente marxista, frutto di un esasperato “materialismo storico”, si crede che ogni “male” sia originato dalla proprietà privata. Ma anche in un sistema di uguali come quello sopra configurato, i motivi di scontro possono presentarsi e persino moltiplicarsi, data la carenza della valvola di sfogo data dal possesso di beni e ricchezza, e data l’impossibilità di utilizzare quest’ultima come elemento di distinzione.
Passando poi dal piano psicologico a quello politico e sociologico, è ovvio ricordare che le società umane, da sempre, si sono parcellizzate in gruppi, caste, associazioni, che non si basavano su caratterizzazioni economiche, ma culturali, religiose, linguistiche, e la cui forza spesso viene trascurata dai marxisti. A tali divisioni l’annullamento della proprietà privata non pone rimedio.
Per fare degli esempi concreti: io potrei essere un individuo meschino ed egoista, che ritiene ingiustificata la scelta dello stato di spendere parte del prodotto collettivo per sostenere le famiglie numerose; oppure, da buon razzista potrei non capire perché i “negri” debbano condividere con me gli stessi spazi pubblici, già affollati; perché utilizzare, poi, tanto lavoro per l’edificazione di luoghi di culto per quei babbei dei religiosi?...

È falsa poi l’idea che con il comunismo scomparirebbero le classi sociali. Si ridurrebbero a solo due: i burocrati che possiedono tutto e dispongono (quasi) arbitrariamente di ogni cosa, e il resto della popolazione che non possiede nulla. Un bel mismatch, no?

Inutile poi rilevare che la degenerazione del potere non è dovuta alla sua origine, ma è insita nella sua stessa natura, e ha la tendenza ad accrescere con l’aumento della sua concentrazione. Lungi dal diminuire, i pericoli connessi al potere, nel sistema comunista centralizzato, aumenterebbero di 10, 100, 1000. Tutti i mali legati alla mala gestione pubblica,che ben conosciamo, finirebbero per diventare incontrollabili.

Infine, toccando una corda molto sensibile per i comunisti post ’89, si può affermare che il comunismo e l’ambientalismo sono inconciliabili (ma anche l’estensione a dismisura del concetto di “bene comune” a ciò che bene comune non è, conduce ad effetti negativi paragonabili).
Pensate davvero un sistema che ha per conseguenza la scomparsa del meccanismo informativo dei PREZZI possa andare d’accordo con la giustificata preoccupazione per la scarsezza delle risorse? Qual è, infatti, al giorno d’oggi, l’ostacolo all’estrazione esasperata e all’uso più intensivo di combustibili fossili? Qual è il fattore guida negli investimenti verso tecnologie Green, e cosa dissuade maggiormente i cittadini dallo sfruttare tecnologie e mezzi “voraci” dal punto di vista ambientale, o dall'assumere comportamenti poco assennati? Che cosa avverrebbe se l’unico meccanismo informativo di trasmissione della “scarsezza” – il prezzo- fosse bandito?
Bene. Non credo che serva neppure essere dei difensori della libertà assoluta come valore in quanto tale, o tantomeno dei lettori di Von Hayek o Mises, per rendersi conto che il comunismo, in tutte le sue molteplici varianti, è una colossale stronzata

Gianluca TdC

martedì 18 ottobre 2011

OPINIONI DI UN TESTA DI CAZZO: SE GANDHI NON SI INDIGNA



Oggi, non avendo nulla di meglio da fare, ho deciso di pubblicare una mia riflessione sui fatti di Roma di sabato 14, sotto forma di Status qui su Facebook. Lo stato recita questo:

I manifestanti di questi anni HANNO UNA GROSSA RESPONSABILITà nei confronti dei fatti di Roma: nel corso degli ultimi 10 anni sono state pochissime le voci di protesta e le volontà di distacco nei confronti del cancro della violenza che si stava sviluppando in seno al movimento No-Tutto; tanti invece sono state le voci assolventi - "a fronte di quello che ci succede", "il movimento non è quel movimento", "arrivati a un certo limite...". Così la massa violenta montante si è sentita tutelata e legittimata. Riconosciamocelo.

In altre situazioni e occasioni ho espresso concetti simili, e tutte le volte sono andato incontro allo sdegno dei più, i quali quasi sempre hanno finito per replicare alle mie osservazioni con argomenti così sintetizzabili: 1-" La maggior parte delle persone è pacifica ed estranea alla violenza"; 2-"non c'è ragione perchè la gente giustifichi comportamenti auto-lesionisti"; 3-"a un certo punto non ci resta che la violenza". Anche in questo caso è andata così. Mi sento, allora di replicare con un triplice NO, che andrò ad argomentare.

1- La mia affermazione era un'ovvia provocazione che mi era parsa ben calibrata e indirizzata verso un preciso bersaglio. Evidentemente non lo era. E'ovvio che non mi riferivo alla maggioranza (credo) dei singoli individui , o di gruppi auto-organizzati, partiti sabato per dimostrare pacificamente le loro ragioni e che nel loro piccolo hanno provato a circoscrivere le violenze. Non alle famiglie con bambini che ambivano a partecipare attivamente ad una società che gli appartiene; non ai ragazzi "zaino in spalla", orfani di politici non li rappresentano. Le mie parole erano dirette a quel gruppo di "Creatori di Consenso" - i giornalisti, i partiti autoproclamatisi rappresentanti degli indignati, i capi popolo, i professionisti dei cortei, i rappresentanti di categorie e organizzazioni- che in questi anni hanno fatto sentire la loro voce su media mainstream e sulla rete; ma anche ai tanti singoli individui che sulla rete fanno fuoriuscire con facilità la loro rabbia latente. Sono loro che hanno parte del merito di aver creato questo clima di tolleranza e malcelata accondiscendenza.

2- Sull’incomprensione di come le masse si lascino guidare dall’irrazionalità, tanto da finire per adottare comportamenti boomerang come il giustificare le violenze, vorrei far notare come dalle mie parole si evinca che quello che è successo sabato sia la conclusione di un fenomeno che si è sviluppato negli anni. Il “movimento” (prima NoGlobal, poi degli Indignados) nasce più di dieci anni fa, e nel corso di tutto questo tempo si è manifestato in tutto il mondo con modalità ed intensità diverse, anche nel nostro paese. Spesso è stato accompagnato, nelle sue manifestazioni, da episodi di violenza più o meno drammatici. All’inizio, però, la violenza era indirizzata verso bersagli in parte condivisi anche dal “movimento pacifico”, ovvero “il sistema”. I cellerini, la Finanza Globale, i palazzi del potere, quelli della politica, le forze dell’ordine in genere. In questo frangente, con questa modalità, la violenza veniva più facilmente tollerata, compresa, negata o nascosta. Si tratta di dissonanza cognitiva: accettare la presenza della violenza, e condannarla tout court, sarebbe stato un po’ come ammettere che qualcosa nel movimento era sbagliato, da ripensare, e inoltre sarebbe stato un arretramento nella battaglia. E qui un profluvio di:” ci sono gli infiltrati”, “son poche mele marce”, “hanno incominciato i cellerini”… Ma si sa, la violenza segue una legge universale: degenera con facilità. Ed eccoci arrivati al 14/10/11, quando la violenza è diventata cieca, indifferente, stupida: insomma ingiustificabile e pericolosa per tutti. Ma ormai è tardi, il clima di tolleranza di cui i violenti han beneficiato aveva già dato i suoi frutti.

3- L’ultimo appiglio retorico è quello dell’incazzatura: “nessuno ci ascolta e ci rappresenta, le uniche parole utili son quelle delle mani”. No! Non è accettabile a causa di queste motivazioni:

DEGENERAZIONE: la violenza non segue regole, lo abbiamo visto sopra. Non serve aggiungere altro a riguardo.

COERENZA/1: se tolleriamo la nostra di violenza, perché giustificata dalla comprensibile rabbia, allora dovremmo giustificare anche quella di chi è stato vittima di un attentato terroristico di matrice islamica, e chiede di bombardare a tappeto l’Afghanistan e il waterboarding per i sospetti terroristi; oppure chi, con la macchina fracassata e la vetrina infranta, chiede il ritorno alla legge Reale. Capite?

COERENZA/2: per un movimento che pretende di ispirarsi a Gandhi (scelta opinabile), non basta scrollarsi le spalle di fronte alla violenza e fingere che non lo riguardi, che i facinorosi non fanno parte dell’organismo che si ribella. Troppo comodo

BOOMERANG: non serve ricordarvi che in un paese fatto di anziani, in cui il terrorismo è stato endemico e tragico, e in cui i giovani sono un problema e non una risorsa, la violenza è sempre e comunque autolesionismo puro, ed è facilmente strumentalizzabile da chi si oppone al "popolo della piazza".

DIETRO LA RABBIA NIENTE: la rivoluzione francese non è stata solo la presa della Bastiglia, ma anche i Lumi. Oltre a Robespierre c’erano Voltaire e Diderot . Prima della rabbia , assieme alla rabbia, dopo della rabbia, ci vogliono riflessione,lucidità e risposte concrete, basate su fatti e valutazioni razionali. Invece tutti i movimenti, da Seattle a Devos, da Toronto alla Val di Susa, sono stati una sequela di: NO Global, NO OGM, NO Biocarburanti, NO tav, NO capitalismo, NO finanza, NO nucleare, NO politica, NO anti-politica...

Non c’è nulla da fare? Certo, la prima cosa è quella di fare ricorso finalmente al voto punitivo (si punitivo) slegato da qualsiasi fedeltà a partito o ideologia; se serve persino smettere di votare in massa. Poi certo la piazza, ma in forme diverse, per chiedere che vengano approvate finalmente le riforme che servono. Le quali esistono e sono alla nostra portata. Sono quelle richieste dalla BCE e daMario Draghi, e da anni implorate da Banca d’Italia. Certo richiedono i loro tempi, i loro aggiustamenti, e notevoli aggiunte, ma le possiamo affrontare. Il problema è che tali riforme ci costringono a riconoscere che i primi responsabili della crisi, e quindi quelli che devono affrontare i maggiori sacrifici e le maggiori sfide, siamo NOI e non solo i famelici finanzieri, i ricchi banchieri e i corrotti politici.

QUESITO. Il popolo sarà ora disposto a scendere in piazza contro se stesso?

Gianluca TdC

diciamo no all'invasivo candito nelle nostre vite

diciamo no all'invasivo candito nelle nostre vite
diciamo no a questo