Oggi, non avendo nulla di meglio da fare, ho deciso di pubblicare una mia riflessione sui fatti di Roma di sabato 14, sotto forma di Status qui su Facebook. Lo stato recita questo:
I manifestanti di questi anni HANNO UNA GROSSA RESPONSABILITà nei confronti dei fatti di Roma: nel corso degli ultimi 10 anni sono state pochissime le voci di protesta e le volontà di distacco nei confronti del cancro della violenza che si stava sviluppando in seno al movimento No-Tutto; tanti invece sono state le voci assolventi - "a fronte di quello che ci succede", "il movimento non è quel movimento", "arrivati a un certo limite...". Così la massa violenta montante si è sentita tutelata e legittimata. Riconosciamocelo.
In altre situazioni e occasioni ho espresso concetti simili, e tutte le volte sono andato incontro allo sdegno dei più, i quali quasi sempre hanno finito per replicare alle mie osservazioni con argomenti così sintetizzabili: 1-" La maggior parte delle persone è pacifica ed estranea alla violenza"; 2-"non c'è ragione perchè la gente giustifichi comportamenti auto-lesionisti"; 3-"a un certo punto non ci resta che la violenza". Anche in questo caso è andata così. Mi sento, allora di replicare con un triplice NO, che andrò ad argomentare.
1- La mia affermazione era un'ovvia provocazione che mi era parsa ben calibrata e indirizzata verso un preciso bersaglio. Evidentemente non lo era. E'ovvio che non mi riferivo alla maggioranza (credo) dei singoli individui , o di gruppi auto-organizzati, partiti sabato per dimostrare pacificamente le loro ragioni e che nel loro piccolo hanno provato a circoscrivere le violenze. Non alle famiglie con bambini che ambivano a partecipare attivamente ad una società che gli appartiene; non ai ragazzi "zaino in spalla", orfani di politici non li rappresentano. Le mie parole erano dirette a quel gruppo di "Creatori di Consenso" - i giornalisti, i partiti autoproclamatisi rappresentanti degli indignati, i capi popolo, i professionisti dei cortei, i rappresentanti di categorie e organizzazioni- che in questi anni hanno fatto sentire la loro voce su media mainstream e sulla rete; ma anche ai tanti singoli individui che sulla rete fanno fuoriuscire con facilità la loro rabbia latente. Sono loro che hanno parte del merito di aver creato questo clima di tolleranza e malcelata accondiscendenza.
2- Sull’incomprensione di come le masse si lascino guidare dall’irrazionalità, tanto da finire per adottare comportamenti boomerang come il giustificare le violenze, vorrei far notare come dalle mie parole si evinca che quello che è successo sabato sia la conclusione di un fenomeno che si è sviluppato negli anni. Il “movimento” (prima NoGlobal, poi degli Indignados) nasce più di dieci anni fa, e nel corso di tutto questo tempo si è manifestato in tutto il mondo con modalità ed intensità diverse, anche nel nostro paese. Spesso è stato accompagnato, nelle sue manifestazioni, da episodi di violenza più o meno drammatici. All’inizio, però, la violenza era indirizzata verso bersagli in parte condivisi anche dal “movimento pacifico”, ovvero “il sistema”. I cellerini, la Finanza Globale, i palazzi del potere, quelli della politica, le forze dell’ordine in genere. In questo frangente, con questa modalità, la violenza veniva più facilmente tollerata, compresa, negata o nascosta. Si tratta di dissonanza cognitiva: accettare la presenza della violenza, e condannarla tout court, sarebbe stato un po’ come ammettere che qualcosa nel movimento era sbagliato, da ripensare, e inoltre sarebbe stato un arretramento nella battaglia. E qui un profluvio di:” ci sono gli infiltrati”, “son poche mele marce”, “hanno incominciato i cellerini”… Ma si sa, la violenza segue una legge universale: degenera con facilità. Ed eccoci arrivati al 14/10/11, quando la violenza è diventata cieca, indifferente, stupida: insomma ingiustificabile e pericolosa per tutti. Ma ormai è tardi, il clima di tolleranza di cui i violenti han beneficiato aveva già dato i suoi frutti.
3- L’ultimo appiglio retorico è quello dell’incazzatura: “nessuno ci ascolta e ci rappresenta, le uniche parole utili son quelle delle mani”. No! Non è accettabile a causa di queste motivazioni:
DEGENERAZIONE: la violenza non segue regole, lo abbiamo visto sopra. Non serve aggiungere altro a riguardo.
COERENZA/1: se tolleriamo la nostra di violenza, perché giustificata dalla comprensibile rabbia, allora dovremmo giustificare anche quella di chi è stato vittima di un attentato terroristico di matrice islamica, e chiede di bombardare a tappeto l’Afghanistan e il waterboarding per i sospetti terroristi; oppure chi, con la macchina fracassata e la vetrina infranta, chiede il ritorno alla legge Reale. Capite?
COERENZA/2: per un movimento che pretende di ispirarsi a Gandhi (scelta opinabile), non basta scrollarsi le spalle di fronte alla violenza e fingere che non lo riguardi, che i facinorosi non fanno parte dell’organismo che si ribella. Troppo comodo
BOOMERANG: non serve ricordarvi che in un paese fatto di anziani, in cui il terrorismo è stato endemico e tragico, e in cui i giovani sono un problema e non una risorsa, la violenza è sempre e comunque autolesionismo puro, ed è facilmente strumentalizzabile da chi si oppone al "popolo della piazza".
DIETRO LA RABBIA NIENTE: la rivoluzione francese non è stata solo la presa della Bastiglia, ma anche i Lumi. Oltre a Robespierre c’erano Voltaire e Diderot . Prima della rabbia , assieme alla rabbia, dopo della rabbia, ci vogliono riflessione,lucidità e risposte concrete, basate su fatti e valutazioni razionali. Invece tutti i movimenti, da Seattle a Devos, da Toronto alla Val di Susa, sono stati una sequela di: NO Global, NO OGM, NO Biocarburanti, NO tav, NO capitalismo, NO finanza, NO nucleare, NO politica, NO anti-politica...
Non c’è nulla da fare? Certo, la prima cosa è quella di fare ricorso finalmente al voto punitivo (si punitivo) slegato da qualsiasi fedeltà a partito o ideologia; se serve persino smettere di votare in massa. Poi certo la piazza, ma in forme diverse, per chiedere che vengano approvate finalmente le riforme che servono. Le quali esistono e sono alla nostra portata. Sono quelle richieste dalla BCE e daMario Draghi, e da anni implorate da Banca d’Italia. Certo richiedono i loro tempi, i loro aggiustamenti, e notevoli aggiunte, ma le possiamo affrontare. Il problema è che tali riforme ci costringono a riconoscere che i primi responsabili della crisi, e quindi quelli che devono affrontare i maggiori sacrifici e le maggiori sfide, siamo NOI e non solo i famelici finanzieri, i ricchi banchieri e i corrotti politici.
QUESITO. Il popolo sarà ora disposto a scendere in piazza contro se stesso?
Gianluca TdC
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