
di GIANLUCA TdC
Lo fisso agitato, sperando che non interrompa la quiete del mio caffè quotidiano. Sto parlando di lui, l’italiano medio. È seduto al tavolo vicino, con indosso una Lacoste verde intolleranza, guarda inebetito, sul LCD del bar, un Tg di un canale nazionale. In onda c’è un servizio inquietante che urla allarmato di acciaierie dimenticate, di lavoratori in rivolta, ministri silenti, città perdute; snocciola numeri, ferisce gli animi con taglienti statistiche ed imbarazzanti rapporti.
Alla fine lo fa, si volta verso di me, unico altro avventore, e dopo avermi assicurato con serietà affettata che no, lui non è un razzista, finalmente me lo dice:
A questo punto vorrei fargli presente quello che persone più informate di noi, come gli economisti della Banca d’Italia, hanno riscontrato nelle loro ricerche: ovvero che quel che dice corrisponde ad una panzana. Starei lì lì per porgli una semplice e sibillina domanda a conferma di quanto affermato dagli economisti: ” quante, tra le amiche di tua moglie, passano le proprie giornate a bussare di porta in porta per cercare un impiego come badante?” o magari “conosci qualcuno degli amici di tuo figlio che nelle lunghe pause universitarie, tra una lamentela per un esame non passato e uno sbuffo per un altro ancora da dare, si dichiari pronto ad abbandonare tutto per trascorre 16 ore al giorno alla guida di un Tir?”. Lascio perdere e decido di dar credito alla sua apodittica assunzione. Gli pongo però una questione che dà il via al dibattito. Se è vero che ci “rubano” alcune nostre occupazioni, ciò vuole dire che in Italia esiste un’offerta lavorativa pronta ad assumerli.
Qualsiasi sia delle due la risposta al nostro dilemma, l’immigrato risulta essere solo l’ultimo meccanismo di una macchina che trova l’origine del suo movimento in fattori molto più complessi e di nostra responsabilità . Tra l’altro, un meccanismo ben oliato che, anzi, permette alla “macchina economica Italia” di muoversi ancora nonostante tutto. L’immigrato, clandestino o meno, comunitario o non, diventa, come sempre nella storia, il facile bersaglio di proclami demagogici e populisti di una classe dirigente che sta repentinamente perdendo consensi. Il proverbiale dito che si fissa mentre indica la luna.
L’italiano medio mi guarda, anzi fissa un punto imprecisato sul mio volto, e scuote la testa sconsolato.
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