venerdì 2 febbraio 2007

il candito halabja

ora che il dittatore è morto e che altri sono i problemi dell'iraq occupato(o gestito a distanza ,fate vobis) parrebbe anacronistico riportare un articolo di STEPHEN C. PELLETIERE apparso sul NY times quasi 4 anni e riguardante una vicenda di quasi 20 anni fa.
ma mi pare sempre opportuno prendere a calci i supporti su cui poggiano luoghi comuni costruiti ad arte e urlati con forza nei nostri padiglioni auricolari per fare perno sul nostro senso di disgusto tanto forte e tanto spesso da giustificare altre immonde politiche di potere.

ecco l'articolo tratto da
http://comunistibergamaschi.interfree.it/2005/processo/gasati.htm

una tra tante fonti.ma l'articolo si trova ormai facilmente ovunque


Un crimine di guerra o un atto di guerra?


The New York Times January 31, 2003 By STEPHEN C. PELLETIERE Non è stata una sorpresa il fatto che il presidente Bush, in mancanza della pistola fumante come evidenza dei programmi di armamento iracheni, abbia usato il suo discorso sullo stato dell’Unione per rienfatizzare i motivi morali per un’invasione: “Il dittatore che sta assemblando le armi più pericolose del mondo le ha già usate su interi villaggi, lasciando migliaia di suoi cittadini morti, ciechi o sfigurati”. L’accusa secondo la quale l’Iraq avrebbe usato armi chimiche contro i suoi cittadini costituisce un’argomentazione familiare nel dibattito. La prova evidente più frequentemente citata riguarda l’uso di gas contro i curdi iracheni della città Halabja nel Marzo del 1988, verso la fine della guerra di otto anni tra Iran ed Iraq. Lo stesso presidente Bush ha citato “l’uso di gas contro i suoi stessi cittadini” dell’Iraq, specificatamente ad Halabja, come ragione per far cadere Saddam Hussein. Ma la sola verità è, tutti noi lo sappiamo con certezza, che i curdi furono bombardati con veleno e gas quel giorno ad Halabja. Noi non possiamo sapere con nessuna certezza che le armi irachene uccisero i curdi. Questa non è l’unica distorsione nella storia di Halabja. Io sono in una posizione che mi permette di sapere, perché, come alto analista politico della CIA sull’Iraq durante il conflitto Iran-Iraq, e come professore presso l’Army War College dal 1988 al 2000, ho avuto la possibilità di accedere a gran parte del materiale riservato che è passato attraverso Washington e che aveva a che fare con il Golfo Persico. In aggiunta, ho guidato una investigazione dell’esercito, nel 1991, su come gli iracheni avrebbero combattuto una guerra contro gli Stati uniti. La versione riservata del report scendeva di molto nei dettagli sul caso Halabja. Sicuramente sappiamo una cosa sull’uso dei gas ad Halabja: l’episodio si verificò nel corso di una battaglia tra iracheni ed iraniani. Gli iracheni usarono armi chimiche per cercare di uccidere gli iraniani che avevano preso la città, nel nord dell’Iraq non lontano dal confine iraniani. I civili curdi che perirono ebbero la sfortuna di esser rimasti coinvolti nello scontro. Ma non erano il principale obiettivo dell’Iraq. E la storia diventa ancora più torbida: immediatamente dopo la battaglia la Defense Intelligence Agency degli Stati uniti indagò e produsse un report dettagliato, che circolò all’interno della comunità dell’intelligence classificato come “importante da studiare”. Lo studio affermò che fu il gas iraniano ad uccidere i curdi, non quello iracheno. L’agenzia scoprì che entrambe le fazioni avevano usato il gas l’una contro l’altra nella battaglia attorno ad Halabja. Le condizioni dei corpi dei curdi morti, comunque, indicavano che erano stati uccisi con un coagulante del sangue – basato sul cianuro – noto per essere usato dagli iraniani. Non si è mai avuta notizia che gli iracheni, i quali si ritiene usarono l'Yprite nella battaglia, fossero all'epoca dotati di coagulante del sangue. Questi fatti sono stati a lungo di pubblico dominio ma, incredibilmente, ogni volta che il caso-Halabja è chiamato in causa, raramente sono menzionati. Un articolo molto discusso sul “The New Yorker” nello scorso mese di marzo non ha fatto mai riferimento al report della Defense Intelligence Agency o non ha mai preso in considerazione l'ipotesi che gli iraniani abbiano potuto aver ucciso i curdi. Nelle rare occasioni in cui il report è tirato in ballo, c’è di solito una speculazione, senza prove, secondo la quale il report era un prodotto del favoritismo politico americano verso l’Iraq nella guerra contro l’Iran. Io non sto cercando di riabilitare il personaggio di Saddam Hussein. Ha molte cose di cui rispondere nel campo degli abusi sui diritti umani. Ma accusarlo di aver gasato la sua gente ad Halabja come atto di genocidio non è corretto, poiché mano a mano che si ottengono nuove informazioni si scopre che tutti i casi di uso di gas riguardano battaglie militari. Ci sono state tragedie di guerra. Ci possono essere giustificazioni per invadere l’Iraq, ma Halabja non è una di queste. In realtà, quelli che davvero credono che il disastro ad Halabja abbia a che fare con le questioni attuali, dovrebbero prendere in considerazione una diversa domanda: perché l’Iran era così interessato a prendere la città? Un più attento sguardo potrebbe far luce sulla foga dell’America di invadere l’Iraq. Da tutte le parti ci ricordano che l’Iraq ha forse la più grande riserva di petrolio del mondo. Ma in un’ottica regionale e forse persino geopolitica, potrebbe essere più importante notare che l’Iraq ha il sistema fluviale più esteso nel Medio Oriente. In aggiunta al Tigri ed all’Eufrate, ci sono i fiumi Zab Maggiore e Zab Minore nel nord del paese. L’Iraq fu coperta da lavori di irrigazione sin dal sesto secolo dopo Cristo, ed è stata un granaio per la regione. Prima della Guerra del Golfo, l’Iraq ha costruito un notevole sistema di dighe e progetti di controllo fluviale, il più grande dei quali la diga Darbandikhan nell’area curda. Ed era questa diga che gli iraniani miravano a controllare quando catturarono Halabja. Negli anni ’90 ci fu una grande discussione sulla costruzione di un cosiddetto “acquedotto di Pace” che avrebbe portato l’acqua del Tigri e dell’Eufrate a sud verso gli assetati stati del Golfo e, per estensione, in Israele. Nessun passo in avanti è stato fatto al riguardo, in gran parte a causa dell’intransigenza irachena. Con l’Iraq nelle mani dell’America, di certo, tutto potrebbe cambiare. Così l’America potrebbe alterare il destino del Medio Oriente in una modo che probabilmente non potrebbe essere sfidato per decenni – non solamente controllando il petrolio dell’Iraq, ma anche controllando la sua acqua. Perfino se l’America non occupasse il paese, una volta che al partito Baath di Saddam Hussein sarà stato tolto il potere, molte lucrose opportunità si aprirebbero per le compagnie americane. Per farci entrare in guerra tutto ciò che serve è una chiara ragione per agire, una ragione che sia universalmente convincente. Ma gli sforzi di collegare direttamente gli iracheni a Osama Bin Laden si sono mostrati inconcludenti. Anche le affermazioni secondo le quali l’Iraq minaccerebbe i suoi vicini si sono mostrate fallimentari più che risolutive; nelle sue attuali condizioni – grazie alle sanzioni delle Nazioni Unite – le forze armate convenzionali dell’Iraq non minacciano nessuno. Forse il più forte argomento rimasto per portarci in guerra velocemente è che Saddan Hussein ha commesso abusi ai diritti umani contro la sua gente. Ed il caso più drammatico è costituito dalle accuse su Halabja. Prima di andare in guerra a causa di Halabja, l’amministrazione è in debito verso il popolo americano del racconto integrale dei fatti. E se ha altri esempi di casi in cui Saddam Hussein ha gasato i curdi, deve dimostrare che non erano guerriglieri curdi pro-iraniani, morti combattendo al fianco delle Guardie rivoluzionarie iraniane. Finchè Washington non ci dà prove delle supposte atrocità di Saddam Hussein, perché contestiamo l’Iraq sul piano dei diritti umani quando ci sono così tanti altri regimi oppressive supportati da Washington?


Stephen C. Pelletiere è autore di “L’Iraq ed il sistema petrolifero internazionale: perché l’America è andata in guerra nel Golfo Persico”

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Great work.

Nichilista ha detto...

thanks calvine : )
but we should say thanks to the author of the original arthicle, Stephen C. Pelletiere.

how did u find this page, lost by ages in the blog's world?

diciamo no all'invasivo candito nelle nostre vite

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